Crescita economica, sviluppo umano, valori spirituali: la triade, che gli organizzatori del convegno mi hanno chiesto di sviluppare, mette sinteticamente in campo la necessità di ripensare i paradigmi che hanno finora regolato la vita economica attraverso una ricentratura antropologica. È infatti evidente che i modelli economici più affermati, sbilanciati sulla crescita economica e fondati sull’idea di uno sviluppo lineare inarrestabile, non siano riusciti a mantenere le proprie promesse. (…).
Per questo sono sempre più convinto che parlare dell’attuale frangente in termini di crisi economico-finanziaria sia riduttivo. La crisi va letta nel più ampio contesto della transizione al nuovo millennio, in termini di travaglio. (…).
In più di un passaggio della Caritas in Veritate, Benedetto XVI, riprendendo il magistero di Paolo VI, parla dello sviluppo come vocazione, legandone la realizzazione a una visione trascendente della persona. In sua assenza «lo sviluppo o viene negato o viene affidato unicamente alle mani dell’uomo, che cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato». Tale dimensione, aggiunge il Papa in uno dei passaggi più originali dell’enciclica, si realizza pienamente nella logica del dono. Infatti, «l’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza. Talvolta l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società». Di primo acchito, l’accostamento del fenomeno del dono all’illusione auto-poietica dell’uomo moderno può spiazzare. L’uomo contemporaneo talmente assuefatto all’idea che la libertà consista primariamente, se non esclusivamente, nella possibilità di scelta ignora la necessità di aderire per essere veramente libero. Così oblitera la dimensione “verticale” del dono. Eppure è solo nell’ottica dell’accogliere che, sia la logica del dono, sia il principio di gratuità ad essa collegato diventano pienamente comprensibili. Tutto ciò che è decisivo per l’uomo (la vita, lo sposo, la sposa, il figlio, la vocazione…) incomincia da un ricevere, ha questo carattere di dato. (…)
Anche in una fase di transizione come quella odierna, in cui il lavoro è esposto a cambiamenti talmente rapidi da esigere di essere affrontato con nuovi schemi, ripartire dalla centralità del soggetto e dal primato del lavoro sul capitale – caposaldo della Dottrina sociale della Chiesa – offre una prospettiva praticabile per rilanciare lo sviluppo. D’altra parte, ci dicono gli esperti, in economie già avanzate come quelle occidentali, ma oggi tremendamente in affanno, una delle risorse più efficaci per produrre crescita e sviluppo è l’innovazione. E da dove può provenire l’innovazione se non mobilitando l’energia, il dinamismo e la creatività di soggetti liberi e responsabili? Non c’è innovazione senza cultura e non c’è cultura senza educazione. L’educazione è la miglior garanzia del bene prioritario che consiste nell’insuperabile primato del soggetto in relazione. (…). Il mondo della cultura da parte sua, e in questa sede penso in particolare all’Università, dovrà mettere al centro quell’allargamento della ragione cui a più riprese ci ha invitati Benedetto XVI. Tale impresa implica in partenza l’apertura di ogni disciplina a un serrato paragone con le altre, comprese quelle, come la teologia, che vedono nella persona umana un’inestirpabile relazione con Dio: non si tratta di superare la necessaria demarcazione e delimitazione dei singoli saperi, quanto di scoprire, nella loro interazione, che nessun sapere può permettersi il lusso dell’assolutezza e dell’autoreferenzialità. (…).
Angelo card. Scola, arcivescovo di Milano.