1700 anni non sono pochi quando si parla dell’anniversario della battaglia di Ponte Milvio (312 d.C.), che aprì all’imperatore Costantino la strada per Roma e ai cristiani di tutto l’Impero romano l’ora della libertà di religione. Eppure sembrano passati invano, vista l’escalation anticristiana in certi continenti ed il laicismo imperante in Occidente.
L’arcidiocesi di Milano s’impegna con decisione nel ricordo dell’editto del 313. Il card. Angelo Scola offre nel discorso alla città del 6 dicembre una pietra miliare attorno al quale far ruotare tutte le iniziative commemorative, ma soprattutto l’azione presente. “Con l’Editto di Milano emergono”, infatti, “per la prima volta nella storia le due dimensioni che oggi chiamiamo “libertà religiosa” e “laicità dello Stato”.
Un esempio di applicazione virtuosa dei due principi secondo l’insegnamento della Chiesa viene proprio, per il card. Scola, dal massimo patrono milanese, S. Ambrogio, il quale “non esitò mai a richiamare i cristiani ad essere leali nei confronti dell’autorità civile, la quale, a sua volta – ecco il secondo insegnamento – doveva garantire ai cittadini libertà sul piano personale e sociale”. La storia successiva disattese, purtroppo, le indicazioni iniziali, e si dibatté tra cesaropapismo, Stati confessionali, utopie teocratiche radicali (es. la comune degli anabattisti di Munster) ed, infine, laicismo ed ateismo di Stato.
All’arcivescovo non interessa però perdersi in una disquisizione storica sui torti o le ragioni di guelfi e ghibellini, bensì giungere alla constatazione che neppure oggi il concetto di libertà religiosa sembra essere un dato acquisito. Tuttavia, si sofferma volentieri a chiarire il magistero sull’argomento, affermando che “Il Concilio (Dignitatis Humanae), alla luce della retta ragione confermata e illuminata dalla divina rivelazione, ha affermato che l’uomo ha diritto a non essere costretto ad agire contro la sua coscienza e a non essere impedito ad agire in conformità con essa”. Si tratta di una posizione tradizionale nella Chiesa, già presente in S. Tommaso d’Aquino, che in pieno XIII secolo scrisse che non si può costringere nessuno a credere alla Rivelazione, tuttavia nei decenni del Post-concilio ha dato luogo a forzature in cui si pretendeva il medesimo diritto di cittadinanza ad ortodossia ed errore. Il card. Scola esce dalla falsa alternativa tolleranza/integralismo con una citazione del professore tedesco Nikolaus Lobkowitz: “Se l’errore non ha diritti, una persona ha dei diritti anche quando sbaglia. Chiaramente non si tratta di un diritto al cospetto di Dio; è un diritto rispetto ad altre persone, alla comunità e allo Stato”. Non implica, cioè, l’altrettanto sacrosanto diritto della Chiesa a definire un errore eresia e a punirlo secondo la legge canonica.
Una volta posta la questione in termini teologici, il card. Scola è libero di poter descrivere le violazioni odierne della libertà religiosa. In proposito, non esita a schierarsi con i vescovi statunitensi in merito alla riforma sanitaria di Obama, che violenta la coscienza dei medici cattolici obbligando gli ospedali d’ispirazione cristiana a pagare “polizze di assicurazione sanitaria che includano contraccettivi, abortivi e procedure di sterilizzazione”. Non esita perfino a paragonare le scelte della presidenza Obama con il peggiore laicismo alla francese, che in realtà è una scelta di campo essa stessa, non vera laicità.
Questo riferimento critico ad uno dei grandi “miti” contemporanei, ma si può dire l’intero discorso, ha sortito l’effetto sperato di scuotere le autorità civili, soprattutto le più influenzate dalla laicité rivoluzionaria. Nelle ore successive diversi esponenti del fronte laicista hanno attaccato l’arcivescovo di Milano, descrivendolo come un crociato ed un fondamentalista.
Il card. Scola non si è lasciato toccare dalle critiche più velenose: nell’omelia del 7 dicembre ha tranquillamente ribadito i concetti del giorno precedente. “Lasciamo che il Dio della misericordia riapra i nostri cuori alla totalità della famiglia umana”, consapevoli di essere eredi di una civiltà cristiana che ci ha “educati a difendere e custodire la libertà di ogni singolo uomo e dell’intero popolo di Dio”.
Rubrica a cura di Michele Brambilla