Arrivano i giorni delle icone velate, degli altari spogli, dei venerdì senza Messa. Ancora una volta il credente è chiamato a misurarsi con il mistero centrale della sua Fede: Passione e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Un Dio che libera l’uomo dalla schiavitù del peccato “con una morte veramente beata” (Messale Ambrosiano, prefazio della Messa del giorno di Pasqua), che consegna alla Chiesa “il nuovo ed eterno sacrificio” (colletta II della Messa in Coena Domini) della Nuova Alleanza, vergata da Cristo nel suo sangue.
I richiami alla penitenza saranno puntuali ed inevitabili. E’ quasi un classico accostarsi alla Confessione nei giorni di Pasqua. Ma come si deve predisporre il cattolico al momento di purificazione?
Il sacramento della Confessione o Penitenza, dice il Catechismo della Chiesa cattolica (CCC), ricorda che “l’appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani” (art. 1428), per cui “è chiamato sacramento della Penitenza poiché consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore”. Il peccato, infatti, è personale, ma incide sull’intera Chiesa perché ne contamina un membro, “per questo motivo la conversione arreca ad un tempo il perdono di Dio e la riconciliazione della Chiesa” (art. 1440). I peccati si distinguono in veniali e mortali. Sono entrambi cose gravi, ma i mortali sono peggiori perché compiuti con la piena consapevolezza di fare il male.
Il penitente deve quindi muoversi verso il confessionale innanzitutto con la consapevolezza di aver offeso Dio e danneggiato il prossimo. Questo sentimento veniva chiamato un tempo contrizione ed è necessario perché il sacramento sia valido. Senza pentimento, infatti, non c’è nessun bisogno di essere perdonati, ci si crede nel giusto e si giustifica il peccato.
Il sacramento della Confessione serve specificamente per rimettere i peccati. “La varietà dei peccati è grande” (CCC art. 1852): bisogna enumerare precisamente le proprie colpe, a partire dalle più gravi scalando fino alle minime, senza dimenticare le tendenze “perverse” che segretamente hanno tutti. Su di esse si appunterà la mortificazione penitenziale, affinché progressivamente si giunga a domarle e a sradicare le fonti di peccato. “Il peccato trascina al peccato. Con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio” (CCC art. 1865). Solo dopo questo passo inequivocabile si può, se si vuole, domandare consiglio per la vita spirituale.
L’atto di contrizione segue un po’ le tradizioni locali, ma la formula sacramentale di assoluzione è universale e si radica nella Trinità, reinserendo il peccatore nella piena comunione della Chiesa. “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
La Quaresima, che è il massimo tempo liturgico penitenziale dell’anno, vede tradizionalmente un incremento delle confessioni e della disponibilità di confessori. L’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI, offre una serie di condizioni per ricevere l’indulgenza plenaria, cioè l’assoluzione di tutti i peccati commessi dalla nascita, applicabile anche ai defunti. Ne abbiamo discorso in un articolo apposito. Approfittiamone per incontrare con serenità il perdono e la misericordia del Signore.