La nostra umile rubrica non vuole certo sostituirsi all’ufficio stampa della Curia di Milano nel difendere le affermazioni dell’arcivescovo, tuttavia, nel nostro piccolo, vogliamo rispondere ad alcune leggende nere che stanno circolando su siti “amici” riguardo a quanto affermato dal card. Angelo Scola, il 29 aprile, circa la vexata quaestio della “nuova moschea” di Milano. Un argomento che accalora parecchio gli animi, soprattutto perché veniamo da anni in cui il clero ambrosiano è stato spesso accusato, soprattutto dalla Lega Nord, di favorire in maniera ideologica gli immigrati in quanto presunti “nuovi poveri” da accogliere in città a prescindere.
La critica più velenosa nei confronti del card. Scola è di condurre una “teologia del compromesso”. L’arcivescovo si fa invece portavoce di un dialogo culturale che cerca di comprendere la mentalità e la cultura altrui senza per questo sminuire l’identità cattolica dell’Italia. “L’ecumenismo ed il dialogo interreligioso è un aspetto immanente all’atto di fede, perché la fede genera sempre religione. Come interagiscano i vari modi di fare religione mi interessa in modo strutturale. Questo non vuol dire perdere la propria identità, ma significa giocarla ed imparare a dare ragione della Fede all’uomo spesso smarrito di oggi”. Il dialogo è quindi condotto in nome della missione ad gentes e delle esigenze pastorali. “Cerco sempre di assecondare la realtà”. L’ormai famosa constatazione “Siamo letteralmente ignoranti” va interpretata secondo la frase che precede: “In questi tre anni ci siamo resi conto che guardare solo all’Oriente è limitativo, perché in Europa e negli Stati Uniti c’è una grandissima indifferenza a questo problema”, cioè come rapportarsi realmente, oltre gli stereotipi delle situazioni di guerra, con un’ingombrante presenza islamica anche nei nostri territori. Non a caso sabato 18 maggio la FOM convoca gli educatori degli oratori per trattare il problema spinoso dell’accoglienza di eventuali bambini musulmani negli oratori estivi: bisogna sapere con chi si ha a che fare e prendere le dovute contromisure.
Nessun irenismo, quindi. Il card. Scola non pronuncia la parola moschea, tuttavia ci si appella perché il problema islamico non sia più lasciato degenerare nell’indifferenza e nell’incomprensione degli stessi cittadini italiani. Detto da un arcivescovo che non ha timore di difendere i valori cattolici tutte le volte che sono minacciati e che è perfettamente conscio del trattamento a cui i cristiani mediorientali sono sottoposti dalle maggioranze islamiche. Di fronte al patriarca di Alessandria Tawadros II, in visita il 14 maggio a Milano, il card. Scola non ha alcuna remora nel porgere al capo dei Copti la solidarietà piena dell’arcidiocesi ambrosiana: “Viviamo nell’affetto della comunione le dolorosissime prove a cui la Chiesa copta è sottoposta in Egitto”.
L’ecumenismo è nato anzitutto per riportare le comunità cristiane alla piena unità sotto il successore di Pietro. I dolori dei copti sono anche i nostri dolori. L’invito al dialogo del card. Scola non è ideologico, parte dal dato della realtà. Il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ed il suo partito, la Lega Nord, stavolta non hanno trovato nulla da ridire: “Sono in totale accordo col card. Scola. Chiunque può venire, ma deve rispettare il nostro modo di vivere”. Una perfetta esegesi laica del discorso dell’arcivescovo.
Michele Brambilla