L’assemblea generale del clero ambrosiano, martedì 28 maggio (festa del beato Luigi Biraghi, sacerdote milanese), si è svolta in un intenso clima liturgico e si è caratterizzata più per l’indicazione di uno sguardo positivo sul futuro che nel lamentare eventuali errori del passato. L’impianto dei “cantieri” in cui l’arcidiocesi di Milano è impegnata dai tempi dell’episcopato di Dionigi Tettamanzi è generalmente confermato, ma il card. Angelo Scola vuole che siano pervasi dello spirito della nuova evangelizzazione, che diventino strumenti efficaci a protendersi verso “il campo del mondo”.
Introdotti dal canto dell’Ora Media e del Credo, si sono alternati sul pulpito mons. Marco Navoni, mons. Mario Delpini, mons. Pierantonio Tremolada e mons. Luigi Stucchi, che hanno relazionato rispettivamente sul nuovo Lezionario Ambrosiano, sulle comunità pastorali, sulla catechesi dell’iniziazione cristiana e sull’inserimento del clero giovane nel ministero sacerdotale. Una volta intonate, a protezione delle decisioni prese, le litanie dei Santi, come nei sinodi antichi, l’arcivescovo ha preso a sua volta la parola, illustrando cosa intenda proporre per l’anno pastorale 2013/14.
Queste le relazioni degli incaricati. Il Lezionario Ambrosiano (2008) è stato criticato da molti parroci laddove propone, al sabato sera, di proclamare il Vangelo della Resurrezione all’inizio della celebrazione. Forse per preservare maggiormente il carattere unico del Sabato Santo, si chiede la possibilità di sostituire tale rito vesperale con un altro schema canonizzato. In diversi hanno chiesto anche che si possa ridurre la lunghezza di certe letture, o, in Avvento e Quaresima, consentire la proclamazione di una sola delle due letture veterotestamentarie.
Un altro punto molto caldo è la questione delle comunità pastorali. Esse non vengono più ritenute un procedimento obbligato, ma solo una modalità possibile di perseguire scopi di cammino comune tra parrocchie, da instaurare in accordo con il decanato e il vicario di zona. “Si deve riconoscere da parte di tutti che le difficoltà sono nella realtà delle cose, ma anche in un procedimento di attuazione che può essere maldestro e in un atteggiamento spirituale soggettivo che può essere poco conforme alle esigenze della carità pastorale”. Per ovviare a ciò, la comunità pastorale è valutata secondo l’ottica della singola parrocchia e si sprona il clero a distribuirsi sul territorio, evitando centralizzazioni che creino situazioni di disagio. I sacerdoti devono insomma riscoprirsi, pur in una collaborazione sovra-parrocchiale, pastori di un gregge ben preciso, da raggiungere dove esso abita. Per sottolineare ulteriormente ciò, si sconsiglia l’introduzione di laici nei direttivi delle comunità pastorali, che devono rimanere prerogativa dei preti in cura d’anime e dei consacrati.
Molto attesa anche la relazione sullo stato della catechesi dei fanciulli. Non si tocca l’ordine dei Sacramenti (Confessione, Comunione e Cresima), ma si anticipa la Cresima alla 5^ elementare e si propone di celebrarla nelle chiese più insigni, prepositurali, finanche lo stesso Duomo. Bisogna in ogni caso coinvolgere le famiglie nel processo educativo dei figli, perché la prima educazione spetta ai genitori fin dagli 0 anni. I catechisti non sono più considerati un gruppo isolato di specialisti, ma devono percepirsi “comunità educante” con tutte le altre figure della Chiesa locale, dal prete al barista dell’oratorio, il quale vede i ragazzi anche quando i docenti sono tornati a casa.
Era prevedibile un prolungamento della prima destinazione dei preti novelli, ed infatti esso viene allungato da 4 (1 di diaconato e 3 di sacerdozio) a 6 (1 di diaconato, 5 da sacerdote). Viene quindi valorizzata la prassi attuale, che permette anche alle comunità in cui i sacerdoti svolgono già il loro ministero di assistere ad una prima Messa e di gioire per la vocazione.
Apparentemente, quelli modificati sembrano dettagli da addetti ai lavori. Tutto rimane sostanzialmente come prima? In realtà, per coloro che queste situazioni le vivono (lo scrivente abita in una comunità pastorale), con queste limature sono stati toccati molti punti sensibili. L’attenzione si sposta dalle strutture alle persone, preti e laici vengono richiamati al loro specifico e trionfa una visione ampia di Chiesa, che comprende i movimenti come “organo pastorale” sui generis e valuta le situazioni locali dentro una cornice sia diocesana che universale. Un’universalità intesa in senso tradizionale (Papa, vescovo, parrocchia) e non frutto “meccanico” dei rapporti instaurati dalle nuove strutture.
Le parole dell’arcivescovo sono tutte orientate al futuro. “Le decisioni comunicate negli interventi precedenti (…), ci consentono di passare dallo stadio di cantieri aperti all’individuazione di linee comuni, ovviamente sempre riformabili, per un’azione ecclesiale che sia in grado di attuare quella pluriformità nell’unità che è il criterio della communio. Se guardiamo alla forte evoluzione in atto nella nostra società lombarda, sullo sfondo dei mutamenti che stanno interessando tutto il paese e l’Europa, dobbiamo riconoscere che lo Spirito ci sta provocando ad una più decisa comunicazione di Gesù Cristo come Evangelo dell’umano. Parrocchie, unità e comunità pastorali, associazioni e movimenti, decanati, zone pastorali, diocesi sono chiamati a riscoprire tutto il peso dell’affermazione di Gesù nella parabola della zizzania, quando dice: il campo è il mondo (Mt. 13, 38)”. Questi i contenuti della futura lettera pastorale.
Il “sinodo straordinario” si chiude con la consegna a tutte le parrocchie della formella commemorativa dell’Anno Costantiniano. Riproduce il simbolo impresso da Costantino sui labari dell’esercito nella battaglia di Ponte Milvio (312 d.C.) e deve essere collocata negli oratori e nelle chiese. In hoc signo vinces!