Care amiche, cari amici
Stiamo assistendo a una radicale trasformazione dell’offerta politica oppure a un semplice assestamento dovuto al cambio generazionale? Ossia, stiamo assistendo alla fine del berlusconismo perché Silvio Berlusconi sta per essere estromesso dal Senato e diventerà incandidabile, oltre che per l’età, e, dalla parte sinistra dello schieramento politico, stiamo assistendo alla presa del potere nel Pd di una generazione definitivamente post-ideologica (Matteo Renzi) oppure a uno dei tanti scontri interni fra correnti del partito?
Proviamo a ripercorrere brevemente gli ultimi passaggi epocali della cultura politica italiana.
Vent’anni fa cominciavano a scomparire i partiti di massa, quelli nati in seguito alla Prima guerra mondiale, quando appunto le ideologie contagiarono le masse. Si trasformò il Pci rinunciando alla sua pretesa di fare la Rivoluzione, dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989. Di conseguenza venne meno la “grande diga” democristiana, travolta da Tangentopoli insieme a Craxi e al suo partito socialista ostile al Pci, perché non era più necessaria. Silvio Berlusconi occupò con Forza Italia, e alleandosi con le destre e la Lega, lo spazio lasciato libero dalla Dc e impedì così la vittoria elettorale della “gioiosa macchina da guerra” del vecchio partito comunista, che nonostante i cambiamenti continuava a spaventare i moderati.
Sorsero così partiti leggeri, post-ideologici, molto legati al carisma dei leader, anche in seguito al cambiamento del sistema elettorale, da proporzionale a parzialmente maggioritario. Queste nuove aggregazioni uniscono degli interessi più che che dei principi ideali, in questo riflettendo il cambiamento della società che diventa sempre più secolarizzata, avendo rifiutato non soltanto il legame con le radici cristiane ma anche con le ideologie che nei due secoli precedenti, l’Ottocento e il Novecento, avevano tentato di prendere il posto della Chiesa nella vita pubblica della nazione, in parte peraltro riuscendovi.
Oggi anche questi partiti leggeri, che si aggregano e si scompongono con grande facilità, sembrano essere entrati in crisi, avviluppati su loro stessi, sulla loro mancanza di strategie e di contenuti ideali, sulla corruzione che li rende insopportabili alla gente che fatica a raggiungere la fine del mese.
Si apre così un vuoto pericoloso nell’ambito dell’offerta politica che demagoghi come Grillo cercano di occupare, mettendo insieme un movimento politico che esprime al meglio quella “dittatura del relativismo” denunciata da papa Ratzinger e confermata da papa Francesco come il pericolo maggiore del nostro tempo. Un movimento, quello a cinque stelle, che non avendo nulla o quasi in comune fra chi lo rappresenta in Parlamento, può stare insieme solo con metodi dittatoriali, fino a quando il “duce” che non siede nei palazzi del potere riuscirà a tenere insieme tutti alzando la voce.
In questo contesto, la crisi dei cosiddetti moderati sembra davvero pericolosa per il futuro del Paese. Divisi fra “falchi ” appiattiti sul leader e anarchici sui valori, come Galan, Bondi, Capezzone e Carfagna, e “colombe” appiattite su un governo “inguardabile” e senza una strategia, il Pdl-Forza Italia sembra incapace di uscire da una difficile situazione di stallo.
Dio non voglia che il futuro del Paese si debba giocare attorno alle due alternative rappresentate dal relativismo aggressivo di Beppe Grillo e da quello mite e giovanilistico di Matteo Renzi. Sarebbe una grande tragedia.
Marco Invernizzi