E’ un fenomeno ciclico. Non c’è invito ad autorità religiosa cattolica ad esprimere le proprie opinioni in uno spazio “laico” (parlamento, università, ecc…) che non susciti grida incontrollate, provenienti da coloro che nutrono una visione preconcetta del ruolo della Chiesa nella società. Manca ancora un mese all’intervento dell’arcivescovo di Milano al consiglio regionale della Lombardia (17 dicembre), ma nove consiglieri appartenenti al Movimento 5 Stelle annunciano già, a priori, la propria opposizione in nome della laicità dello Stato, fino a pronosticare l’uscita dall’aula quando il card. Angelo Scola vi metterà piede, benché venga a trattare di problemi di interesse pubblico. Poco importa che l’arcidiocesi di Milano, con la sua notevole ramificazione territoriale e con il suo considerevole contributo all’animazione del corpo sociale (oratori, scuole cattoliche, Caritas, associazioni…) intercetti notoriamente tante situazioni di disagio.
Il Cristianesimo è in grado di “formare uomini e donne capaci di giocarsi nella vita civile” con passione, responsabilità e vera attenzione all’uomo, che la sa riconoscere. I credenti, pur “essendo liberi dal preoccuparsi dell’esito, perché sappiamo che questo dipende dal Signore”, seminano instancabilmente la propria testimonianza nel mondo e non c’è nulla di male nell’ammettere che questo comportamento ha rilevanza sociale. Sono parole che il card. Scola rivolge a 150 assistenti diocesani di Azione Cattolica, provenienti da tutta la Lombardia, convocati nella Curia ambrosiana il 20 novembre.
All’incontro è presente anche mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia, il che fa tornare alla mente un episodio, di segno opposto e di ben altra drammaticità, del 1796, quando l’allora arcivescovo di Milano, mons. Filippo Visconti (1783-1801), fu obbligato dai soldati francesi a farsi latore delle minacce di ritorsione contro i loro oppositori. Assieme all’ordinario pavese, egli cercò di convincere gli insorgenti antigiacobini ad arrendersi a Napoleone, che non aveva alcuna intenzione di preservare né i diritti della Chiesa, né la vita dei ribelli.
Nel 2013 un vescovo di Pavia ascolta, invece, dall’arcivescovo di Milano una tenace difesa della libertà religiosa, che pungola nel vivo gli alfieri del secolarismo: “Quando una presunta laicità cerca di neutralizzare la proposta religiosa, non si fa il bene della società”. E’ la logica, espressa molto bene da Massimo Introvigne, del “più” e non del “meno” religione: identità chiare che si confrontano in libertà. Il card. Scola affronta quindi direttamente l’argomentazione dei nove consiglieri grillini: “Né è vera laicità quella che chiede di non far parlare il vescovo all’assemblea dei consiglieri regionali”. In una società plurale correttamente intesa, i cattolici non hanno meno diritto degli altri a far sentire la propria voce, anche quando è scomoda.
Michele Brambilla