Il pericolo di un commissariamento degli insegnanti da parte delle lobby gay in seguito al ddl Scalfarotto è solo l’ultima tegola, da non sottovalutare, che nel giro di un anno è piovuta sulla scuola cattolica milanese. Le scuole paritarie di Milano sono minacciate di chiusura un giorno sì e l’altro pure, strette tra le privazioni finanziarie a cui le sottopone il Comune e le minacce di applicazione della TARES in maniera particolarmente gravosa.
Sabato 15 marzo si snoda per il centro storico di Milano la 32^ edizione dell’Andemm al Domm, la tradizionale marcia delle scuole cattoliche che rammenta alla società civile il diritto alla libertà di educazione. Se già l’anno precedente il card. Angelo Scola aveva voluto accanto a sé, in piazza Duomo, un vescovo francese come gesto di solidarietà nei confronti della Manif pour touts, nel 2014 il nesso è richiamato perfino nel titolo della manifestazione, Famiglia e scuola: risorse per affrontare la crisi.
Non sfugge infatti all’arcivescovo che la crisi antropologica attuale origina da un misconoscimento del dato naturale. Per risolvere i problemi delle nuove generazioni non basta invocare una maggiore connessione tra imprese e scuole, se si continua a penalizzare la cellula cardine della società e a favorirne la disgregazione. Come ripetuto più volte dal pulpito o in conferenze, non si uscirà dalla crisi economica fino a che si continuerà a costruire una società in radicale opposizione alla natura ed in perenne conflitto con il Dio biblico.
Scrive il card. Scola nell’invito alla marcia: “L’incontro tra Famiglia e Scuola Cattolica vede insieme due grandi libertà: di scelta della famiglia e di istruzione della scuola. I vincoli di natura economica che ancora oggi limitano queste due libertà sono il segno di un’immaturità della classe politica nel riconoscere da dove viene il bene per il nostro Paese e del permanere di un pensiero piegato da ideologie falsamente liberali”. Come non pensare che i prodromi del conflitto tra scuola statale e paritaria si verificarono durante le confische anticlericali ottocentesche, le quali, in nome del motto “Libera Chiesa in libero Stato”, depredarono la Chiesa di conventi, seminari ed altri luoghi educativi?
“Le Scuole Cattoliche sono scuole pubbliche perché svolgono un servizio pubblico, sono scuole della società civile perché improntate ai principi di libertà sancita dalla Costituzione, sono scuole aperte al dialogo e al confronto perché esprimono una forte identità. (…) Per noi è fondamentale che sia la Famiglia a scegliere quale modello culturale far seguire ai propri figli”. L’arcivescovo mette queste parole in grassetto, perché sono il cuore della proposta. La dottrina sociale della Chiesa proclama che nulla si deve sostituire alla famiglia nelle scelte educative riguardanti la prole. La questione è proprio di “modello culturale”: nei famigerati libretti dell’UNAR, surrettiziamente adottati in alcune scuole statali del territorio con grande turbamento di bambini e genitori, è trasmesso un intero universo antropologico alternativo a quello tradizionale.
Spegnere la voce delle scuole cattoliche e perseguitare i principi della Fede con una propaganda martellante, nascosta ai genitori, non è altro che una flagrante violazione della libertà religiosa, cioè dei veri diritti umani.
Michele Brambilla