“Ma adesso basta parlare, arriva la Croce”: così il giornalista Massimo Bernardini introduce l’arrivo in piazza Duomo del S. Chiodo. Ed ecco che le porte della cattedrale si spalancano e la “gloriosa reliquia, che ha tanto segnato la Storia di Milano e di queste terre ambrosiane”, come la definisce il card. Angelo Scola, avanza verso l’enorme folla (il Vittorio Emanuele II non riesce a contenerla), sorretta da due diaconi, scelti tra i sacerdoti ordinandi (7 giugno).
Con questi passi suggestivi comincia il momento culminante della grande ostensione del S. Chiodo al popolo milanese (8 maggio), fortemente voluta dal card. Scola e pubblicizzata nella stessa lettera pastorale del settembre 2013, Il campo è il mondo. L’arcivescovo scorge nella scena che gli si para davanti di oltre 40.000 persone attente ed oranti (senza calcolare i passanti e la Galleria prospiciente la piazza) la manifestazione concreta del campo della parabola evangelica (Mt 13): tanti vignaioli pronti a vendemmiare, ma anche tante persone turbate dalla zizzania, benché speranzose del grano buono.
Sullo stelo della croce bronzea fioriscono tante gemme. La gemma principale della serata è Gemma Capra Calabresi con la sua intensa testimonianza di perdono, che rievoca i terribili anni Settanta del furore ideologico. La vedova Calabresi per anni si è interrogata sulle parole di Cristo sulla croce: “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Gli assassini di suo marito “Gigi” sapevano benissimo quello che facevano, erano di Lotta continua. Gemma comprese lentamente che il perdono è una conquista difficile e, soprattutto, libera, ma fu aiutata molto dalla solidarietà della città. Milano ha un’anima solidale, inclinata al bene, che non ha mai rinnegato. Il poeta Luca Doninelli nel suo intervento mostra quanto Milano sia stata plasmata dal Cattolicesimo nel suo carattere profondo. La civiltà ambrosiana ha caratteri peculiari, che non si trovano in nessun’altra parte del mondo e si fondano proprio sui suoi Santi, sul “modo milanese” di essere cattolici convinti e concreti.
Davide Van De Sfroos unisce la piazza nel coro della sua Ninna nanna del contrabbandiere, con la quale il dialetto lombardo torna sovrano in una piazza attraversata quotidianamente da tanti stranieri. Subito dopo Giacomo Poretti, del trio Aldo-Giovanni-Giacomo mette suggestivamente in dialogo il S. Chiodo e la Madonnina del Duomo.
Al canto del Dulcis Christe il card. Scola veste la stola rossa e bacia la reliquia della Passione. Tutta la serata ha come scopo la professione pubblica della fede cattolica di fronte alla città intera. Milano, come ai tempi di S. Carlo Borromeo, recita il Simbolo apostolico, si inginocchia e riceve la benedizione con il S. Chiodo. Come prega l’arcivescovo, “Dalle tue piaghe noi siamo continuamente guariti”. Quindi la reliquia riprende la via del presbiterio.
E’ tempo di Pasqua, per cui, oltre che segno di dolore, il Chiodo è stendardo della vittoria del Gran Re: arriva in piazza al suono dell’Alleluja, rientra in Duomo con il Regina Coeli. Una vicinanza con il mistero della Pasqua che il card. Scola sottolinea con forza: “«Dolce legno, dolci chiodi, che sostengono il dolce peso del nostro Salvatore»: con queste parole, per secoli, i nostri padri hanno adorato la Croce, fisicamente a noi rappresentata dalla Reliquia del Santo Chiodo che trafisse le mani di Gesù. La portò San Carlo nel 1576, quando Milano agonizzava sotto i colpi della peste. La portò nel 1984, chiudendo l’Anno Santo della Redenzione, il Cardinal Martini per implorare la guarigione della città dalle piaghe della violenza, della solitudine, della corruzione. La portò nelle 7 Zone della nostra ampia Diocesi il Cardinal Tettamanzi. Dopo aver sostato con la Croce nei luoghi più significativi della vita di Milano l’abbiamo portata qui ora perché ci ripeta il suo annuncio potente: nelle piaghe di Gesù sono custodite e sanate tutte le nostre ferite: quelle inferte alla vita e alla famiglia, alla innocenza dei bambini, alla speranza dei giovani, ai diritti dei lavoratori e alla dignità delle donne, alla giustizia, alla pace e alla libertà delle persone e dei popoli”.
La settimana della Professio Fidei si conclude per Milano con una sorpresa gioiosa: Papa Francesco dà il via libera alla beatificazione di Paolo VI (1897-1978), dal 1954 al 1963 arcivescovo ambrosiano, e la fissa il 19 ottobre. Subito giunge la riconoscenza dell’arcivescovo attuale e del suo predecessore, card. Dionigi Tettamanzi, il quale ricorda in particolare “un’enciclica quanto mai sofferta allora, ma provvidenziale, l’Humanae vitae”, che ha caratterizzato gran parte del suo insegnamento come teologo morale. Il card. Scola rafforza questo ricordo affermando che Paolo VI “visse martirialmente il suo ministero petrino custodendo il dono del Concilio Vaticano II e annunciando a tutti il Vangelo della vita” nei decenni in cui trionfava la cultura della morte.
Michele Brambilla