L’estate è appena agli inizi, ma il card. Angelo Scola manda già alle stampe un testo che non vuole dichiaratamente essere una nuova lettera pastorale per l’anno 2014-15, bensì una semplice nota di corredo a Il campo è il mondo su un tema che all’arcivescovo sta molto a cuore, l’educazione cattolica delle nuove generazioni.
S’intitola La comunità educante ed ha come sottotitolo Nota sulla proposta pastorale del triennio 2011-14. Il riferimento cronologico ci riporta al decennio dell’educazione CEI, ma anche e soprattutto al percorso, cominciato nel 2011, di revisione e consolidamento dei cantieri diocesani avviati dal card. Dionigi Tettamanzi, comprendenti le cosiddette comunità pastorali, il nuovo lezionario ambrosiano, i primi incarichi dei preti novelli e l’iniziazione cristiana. In quest’ultima sezione era compreso l’accenno alla “comunità educante”, una nuova concezione della pastorale comunitaria in cui tutti i soggetti che si occupano dei giovani, passando anche per i responsabili locali dei movimenti ecclesiali, costituiscono un’unica equipe che affronta il medesimo problema con lo stile di ciascun soggetto interessato.
“C’è bisogno di una comunità in cui l’incontro con Gesù venga vissuto e praticato effettivamente come principio dell’unità dell’io e della realtà”, scrive l’arcivescovo nella nota ora in libreria. Bisogna riconquistare Cristo come principio primo di tutta l’attività umana, come è stato per i nostri padri nella Fede. “Raccomandare, all’interno della comunità cristiana, la creazione di comunità educanti significa, in sostanza, assumere lo stesso metodo educativo praticato da Gesù durante la sua vita pubblica”. Ritorna in queste righe il senso della “compagnia di Cristo”, espressione con la quale don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, connotava l’aggregazione dei primi discepoli attorno al Redentore. Cristo non si presentava da solo, ma come compagnia di amici che accoglie tutto l’uomo e lo guida al Padre.
Il card. Scola ammonisce che “non si tratta pertanto di aggiungere all’organigramma parrocchiale una ulteriore struttura”: la comunità educante è una realtà di fatto, come si vede in maniera lampante in questi giorni di oratorio estivo, che vedono la collaborazione di giovani ed adulti. “(…) vogliamo aiutare (gli educatori) a riconoscere più consapevolmente questo loro compito educativo dentro la vita di comunità” senza esclusivismi ed astrazioni.
La nota pastorale sulla comunità educante, nella sua semplicità, suggerisce anche che forse è finito il tempo dei grandi piani pastorali annuali. La lettera pastorale settembrina aveva assunto una valenza straordinaria durante l’episcopato del card. Carlo Maria Martini, quando, oltre ad indicare gli impegni diocesani, il testo si soffermava su temi filosofici e biblici. Alcuni dei testi più famosi del defunto arcivescovo gesuita, come La dimensione contemplativa della vita (1980), erano in origine lettere pastorali, che avevano l’ambizione di dirigere spiritualmente i fedeli ambrosiani nel loro complesso. Il card. Tettamanzi ha in seguito rafforzato la tendenza a creare cicli di lettere che disegnavano percorsi coerenti, ponendo maggiormente l’accento sugli aspetti pratici. Ad ogni anno veniva attribuito un tema diverso, cosa che obbligava gli operatori pastorali a cominciare in autunno un nuovo percorso, senza avere spesso il tempo di verificare i risultati di quello precedente. Il card. Scola ha colto nei collaboratori e nelle parrocchie un’esigenza di stabilità, per cui ha scelto di stendere una semplice appendice a quanto deciso per l’anno 2013-14.
Il tema della comunità educante più ancora che a Il campo è il mondo si riallaccia all’assemblea del clero del 28 maggio 2013 nel Duomo di Milano, l’occasione in cui si rivoluzionarono molte delle prassi in vigore nelle parrocchie (per i contenuti precisi del “sinodino” rimando i lettori all’articolo di questa rubrica Tutto come prima? Non esattamente). Il card. Scola ritiene le decisioni prese in quella sede ormai definitive. Già in autunno i catechisti verranno formati secondo la nuova metodologia, che impone un approccio che integra indissolubilmente dottrina, liturgia e vita familiare. L’accostamento ai Sacramenti sarà simultaneo ad una graduale introduzione del nucleo familiare alla vita cristiana in tutti i suoi aspetti, rompendo la logica esiziale della “delega”.
Michele Brambilla