Il 14 luglio non si ricorda soltanto la presa della Bastiglia (1789), evento simbolo della Rivoluzione francese. In quella stessa data, ma nel 1614, entrava nella gloria celeste S. Camillo de Lellis (1550-1614). Paradossalmente il 1614 fu un anno importante anche per la Francia: vi furono convocati gli ultimi Stati generali prima di quelli, fatali, di Luigi XVI.
Per festeggiare il 400° anniversario del transito di S. Camillo l’ordine dei Ministri degli infermi (questo il nome ufficiale dei camilliani) ha organizzato un gran numero di eventi in ogni città in cui sono presenti. Tra di esse Milano, dove i festeggiamenti sono stati anticipati il 6 luglio, invitandovi l’arcivescovo card. Angelo Scola. La chiesa milanese dedicata a S. Camillo de Lellis è santuario diocesano dal 17 febbraio 2013.
La visita pastorale viene definita dal superiore cittadino padre Giuseppe Rigamonti (lombardo anche il superiore generale d’Italia, padre Vittorio Paleari) “un momento insostituibile di confermazione nella fede e nell’amore misericordioso che san Camillo ci ha lasciato”. Il card. Scola è graditissimo ospite anche grazie a “la sua conoscenza e competenza sui temi della salute e l’amicizia che ci ha sempre conservato”. Esse“sono un ulteriore stimolo ad inserirci nella Chiesa ambrosiana”.
Nella sua omelia l’arcivescovo indica subito il Mistero pasquale. “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ci ha amati per primo, mandando suo Figlio per redimerci dai nostri peccati: se Lui ci ha amato così tanto occorre che ci amiamo così anche gli uni gli altri”. Il comandamento dell’amore si è tradotto nella vita di S. Camillo nella sua dedizione completa ai malati. Tuttavia, il card. Scola getta uno sguardo più ampio sull’amore umano, che si estende al rapporto coniugale. “Dobbiamo imparare che la fedeltà e la fecondità non sono due realtà accessorie dell’amore, ma ne sono il fondamento perché laddove mancano fecondità e fedeltà non c’è amore autentico”. Due caratteristiche che mancano palesemente nelle “nuove unioni” che vengono propagandate dai media. Il card. Scola torna così sulla teologia della famiglia, con parole che hanno come interlocutori il mondo della sanità e le autorità civili, presenti in gran numero a ringraziare i camilliani della loro opera.
Sono giorni di grazia anche per il riconoscimento da parte di Roma delle virtù eroiche di Marcello Candia (1916-1983), imprenditore di origini napoletane trapiantato a Milano, che confrontandosi con un altro futuro beato, l’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, giunse nel 1957 a vendere la sua azienda. Con il ricavato aprì un ospedale a Macapà (Brasile), presso il quale si trasferì come missionario dopo aver ricevuto il Crocifisso dalle mani dello stesso Paolo VI (1965), ormai diventato Papa. “Marcello dei poveri”, emblema di dedizione totale alla causa dell’evangelizzazione, è una figura così popolare nel laicato ambrosiano che la sua vita veniva messa in scena negli oratori già pochi anni dopo la morte. Sulla spinta di Candia nacquero molte vocazioni missionarie, che si indirizzarono verso gli istituti tradizionali (PIME, Consolata…). Due anni dopo la morte di Marcello veniva ordinato sacerdote mons. Giovanni Crippa, nativo di Besana Brianza, eletto da Papa Francesco il 10 luglio 2014 vescovo di Estancia, proprio in Brasile. Era già ausiliare di Salvador de Bahia.
Michele Brambilla