Un ricordo di una figura chiave della storia ambrosiana, la cui santità continua a impressionare ancora oggi.
1954. Era una delle prime estati del boom economico, quando gli italiani si mettevano in massa sulle autostrade per raggiungere le località balneari. Tuttavia, non era consueto che l’arcivescovo di Milano li seguisse. Sorprendentemente il 14 agosto, vigilia dell’Assunzione di Maria, il card. Alfredo Ildefonso Schuster accettò il consiglio dei medici di prendersi una vacanza allo scopo di ritemprarsi nella quiete del seminario di Venegono Inferiore. La salute lo aveva abbandonato già a marzo. I chierici accolsero il loro arcivescovo con un misto di gioia e preoccupazione.
Facevano bene a preoccuparsi: il quadro clinico precipitò e, all’alba del 30 agosto, il card. Schuster si spense serenamente nell’appartamento arcivescovile del seminario. Il funerale fu officiato dal card. Angelo Giuseppe Roncalli (S. Giovanni XXIII), patriarca di Venezia, il quale constatò nell’omelia che “lo storico futuro avrà una messe sovrabbondante per la glorificazione delle virtù monastiche e pastorali di questo ecclesiastico d’eccezione, che la voce del popolo ha chiamato santo e che tale è rimasto anche presso i suoi intimi”.
Il card. Schuster aveva comunque fatto in tempo a consegnare alla sua arcidiocesi un testamento spirituale molto lucido, in cui, presagendo forse gli accadimenti dei decenni successivi e temendo un radicalizzarsi della mania efficientista nel clero, affermò: “Voi desiderate un ricordo da me. Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità ancora crede, ancora si inginocchia e prega. (…) Non dimenticate che il diavolo non ha paura dei nostri campi sportivi e dei nostri cinematografi: ha paura, invece, della nostra santità”. “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”, avrebbe scritto nel lontano 1975 (Evangelii nuntiandi) quel Giovani Battista Montini chiamato da Pio XII a succedere al defunto Schuster sulla cattedra di Milano. Nel beato Alfredo Ildefonso si poteva vedere sia il testimone che il maestro.
Il 60° non poteva passare inosservato, ed infatti le tradizionali celebrazioni in Duomo del 30 agosto, presiedute dal vicario generale, mons. Mario Delpini, rivestono particolare solennità. La Messa solenne viene anticipata il 29 agosto perché è venerdì, ed è seguita dalla proiezione del film Card. Schuster: pastore della Chiesa ambrosiana di Marco Finola, in cui si ripercorrono approfonditamente gli anni dell’episcopato.
Il card. Angelo Scola apre il piccolo documentario video, “che copre i vari ambiti dell’azione del beato”. Paragona i tempi di Schuster con i nostri, in cui “il popolo di Dio mostra una sensibilità peculiare nel guardare ai santi” perché nuovamente alla ricerca di testimoni. Il paragone è stato fatto proprio, il 29 maggio, dal convegno al Palazzo delle Stelline, seppure puntando più alle analogie tra il secondo dopoguerra e la crisi economica attuale.
Del resto la Chiesa si occupa di tutto l’uomo, perché anche il corpo è stato santificato da Cristo. Se il card. Schuster si fosse lasciato chiudere nelle sacrestie, non avrebbe potuto, per esempio, salvare tante vite e diventare un riferimento sicuro per tutta la cittadinanza. Quanti eventi storici avrebbero avuto un esito molto più tragico se la Chiesa non fosse stata libera di redarguire principi e parlamenti! Riflettano i fautori del laicismo a tutti i costi.
Michele Brambilla