«Quattro giorni», «Due Giorni Decani», «Missio giovani»: attività ed iniziative all’inizio del nuovo anno pastorale all’insegna dell’evangelizzazione.
“Va sempre più diffondendosi la convinzione che le religioni sono nello stesso tempo tutte diverse e tutte uguali. Nata da un equivoco concetto di libertà religiosa, questa posizione tratta la religione come un genere di cui le singole religioni sarebbero le specie. Allora, per stare all’Europa, il Cristianesimo non può essere considerato una specie del genere religione. Esso realizza, nel qui ed ora della storia, l’inaudita auto comunicazione di Dio, che viene incontro alla finitudine e alla povertà dell’uomo”.
Così il card. Angelo Scola in un’intervista estiva al Sole 24 ore. Se il Cristianesimo è davvero la Verità che si fa concretamente incontro all’uomo, non c’è nulla di più entusiasmante che comunicarlo ai nostri contemporanei.
Ecco allora rinnovarsi le Quattro giorni catechisti, che ad inizio settembre impegnano tutti coloro che collaborano all’evangelizzazione dei ragazzi in età scolare. Quest’anno l’impegno è doppio, perché si cerca di interiorizzare la nuova prassi catechetica uscita dal “sinodino” del 28 maggio 2012. Gli organici, nelle parrocchie, sono a volte gli stessi di venti anni prima ed in costante diminuzione, causa anche una profonda crisi della pastorale giovanile ordinaria delle parrocchie, tuttavia si notano anche i segni di un incipiente cambio generazionale. La riforma aiuta chiedendo di coinvolgere le forze fresche dei movimenti, ma ciò non esime dal pretendere la consapevolezza di tutta la comunità cristiana.
A Seveso, dal 1 al 2 settembre, si è tenuta la riunione dei sacerdoti decani alla presenza dell’arcivescovo. Il card. Scola nella lettera per l’anno pastorale incipiente ammonisce che “c’è bisogno di una comunità in cui l’incontro con Gesù venga vissuto e praticato effettivamente come principio d’unità dell’io e della realtà” e questo ripete anche in quella occasione. Il clero riceve un “libro di lavoro”, L’impegno di annunciare il Vangelo, che trae ispirazione da una citazione dell’ormai beato Paolo VI (Evangelii nuntiandi) e deve diventare “semplice e concreto strumento per i presbiteri e diaconi della nostra diocesi per vivere momenti di preghiera, riflessione, condivisione alla luce del cammino di Chiesa del prossimo anno” senza dimenticare i laici. Nel frattempo, ogni pastore è esortato a trasformarsi in “cacciatore di teste”, alla ricerca di chi vorrà dare anima e corpo all’imperativo dell’evangelizzazione. Senza dimenticare l’esistente ancora vitale.
Il medesimo chiostro di Seveso ha ospitato dal 6 al 7 settembre il grande raduno Missio giovani. Vi partecipano i tanti ragazzi che gravitano nell’orbita degli istituti missionari. Giovani che sentono, spesso, profondamente, i problemi dei Paesi in via di sviluppo e che sono sospinti da un forte desiderio di mettersi in gioco.
E’, insomma, tutto un florilegio di attività ed iniziative, che evidenziano come, ormai, non ci sia più così tanta differenza tra la missione ad extra e quella ad intra. Entrambe richiedono consapevolezza del momento presente. In Occidente non si può dimenticare in particolare l’idea di restaurazione sociale. Come ha scritto Massimo Introvigne a tutta Alleanza Cattolica, prendendo spunto dal viaggio di Papa Francesco in Corea del Sud: “Un giorno anche ai disastri della torre di Babele – per non parlare di altri più recenti, ma sappiamo quanto fosse importante per Joseph de Maistre (1753-1821), che è all’origine della scuola controrivoluzionaria, la torre di Babele – potrà essere posto rimedio. Potrà rinascere una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio”.
Il card. Scola constata ne La comunità educante: “Se consideriamo il contesto in cui la Chiesa è chiamata oggi a svolgere il suo compito di evangelizzazione, dobbiamo riconoscere che le oggettive difficoltà sperimentate dipendono in misura assai rilevante, dal contesto di frammentazione in cui viviamo”, frutto dell’intero processo rivoluzionario intercorso tra Lutero e Sartre. “Nel mondo odierno, in cui la società non offre un orizzonte unitario, è la Chiesa stessa”, clero e laici, “che si deve far carico di proporre questo vitale principio sintetico”, cioè Cristo inteso come Dio e civiltà. “In quanto espressione della comunità ecclesiale, la comunità educante è per i ragazzi/e il volto concreto, fisicamente rintracciabile nello spazio e nel tempo, della Chiesa” (pp. 19-22), cioè di colei che da 2000 anni continua a ricordare che l’ordine sociale esiste ed è un bene per l’uomo.
Michele Brambilla