Nella solennità della Dedicazione del Duomo di Milano Papa Francesco beatifica il predecessore (1963-78) Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, arcivescovo della metropoli lombarda dal 1955 all’elezione pontificia.
Il card. Angelo Scola, che guida personalmente la delegazione milanese a Roma, sottolinea la connessione tra la beatificazione e la ricorrenza liturgica. La Dedicazione è la festa della Chiesa locale radunata attorno al suo vescovo. Proprio in una data così significativa nel calendario ambrosiano Milano vede elevare agli onori degli altari un importante arcivescovo del suo Novecento, il terzo nel tempo dopo i cardinali Andrea Carlo Ferrari ed Alfredo Ildefonso Schuster.
Il convegno commemorativo del 15 ottobre si svolge nella cornice di Palazzo Marino. Come ricorda in particolare Giselda Adornato, storica e promotrice della causa di beatificazione, l’episcopato di Montini significò il passaggio da una pastorale tradizionale di mantenimento ad un approccio neo-missionario. La Missione di Milano del 1957 fu concepita come momento di primo annuncio del Vangelo più che come rinnovamento di propositi morali. Lo stesso spirito impregnò, aggiunge la sociologa Rosangela Lodigiani, il piano per le nuove chiese, che diede alle periferie una configurazione comunitaria.
La spinta a fare le cose “non nova, sed nove” caratterizzò poi il pontificato. La beatificazione in un certo senso restituisce l’onore a Papa Montini, quasi dimenticato a causa sia del subentrare di personaggi più carismatici (vedi Giovanni Paolo II), sia dall’essere stato oggetto di una duplice contestazione. Paolo VI non fu apprezzato né dai tradizionalisti alla Marcel Lefebvre (1905-91) né dai progressisti, smaniosi di assecondare gli impulsi mondani specialmente dopo l’enciclica Humanae vitae. In un’intervista ad Avvenire il card. Elio Sgreccia ammonisce che non si può separare l’idolatrata Populorum Progressio dal documento sulla bioetica: la concezione dell’uomo è la medesima. “Montini ebbe la lucidità di intravedere come ci fosse in atto un tentativo della politica di dominare i popoli” attraverso il controllo delle nascite, tassello di una globale involuzione antiumana.
L’accento della preghiera dei fedeli recitata in tutte le chiese dell’arcidiocesi ambrosiana cade proprio sul magistero montiniano: “Perché gli insegnamenti e gli esempi di Paolo VI, oggi beato, continuino ad essere un faro di luce per tutta la Chiesa, ispirino un rinnovato cammino di unità tra i cristiani e un impegno congiunto di tutti gli uomini di buona volontà a costruire la civiltà dell’amore”. La grandezza di Montini sta nel suo opporsi fermamente alla deriva. Il miracolo che ha portato Paolo VI all’altare, la guarigione di un feto, sembra una conferma sopranaturale della predicazione del Papa, che in Italia subì l’affronto della legge 194.
Il particolare non sfugge a Francesco, che trasforma l’omelia in un continuo ringraziamento. “Nei confronti di questo grande Papa, di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa!”.
Michele Brambilla