L’antiamericanismo è uno degli sport più praticati del nostro tempo. Anche in America, anche al vertice degli Stati Uniti. Barack Obama ne è un esempio lampante. Il presidente non perde infatti giorno per rinnegare, persino tradire – culturalmente – gl’ideali che dovrebbe invece difendere. Si vergogna di ciò che è, e di ciò che il suo Paese rappresenta, e questa è una grande iattura. Giacché, con tutti gli errori, anche madornali, che possono commettere e che pur abbiano positivamente commesso, gli Stati Uniti restano sempre e comunque i difensori più seri e potenti delle libertà occidentali, le quali, comunque, sono uno dei frutto più belli del cristianesimo. Forse è per questo che Obama se ne vergogna.
L’ultima uscita del presidente ha del ridicolo, e come sempre è studiata soltanto a beneficio delle telecamere. Obama pronuncia, in diretta tivù, il suo “No alla tortura” e pensa che così tutta sia sistemato; che il suo insensato Nobel per la Pace possa ora godere di fondamento; che i posteri lo osanneranno; che lui sì che è una persona seria…
Ma a Obama e ai suoi corifei sfuggono alcuni dettagli; magari pure antipatici, ma del resto non si può mica sempre piacere a tutti.
La “tortura” contro cui retoricamente egli si scaglia solo adesso è in realtà solo una serie di misure drastiche attuate in piena e grave emergenza dall’intelligence e dagli apparati militari statunitensi per impedire che mai potesse verificarsi un altro Undici Settembre. E infatti un altro Undici Settembre non si è mai verificato. Mentre qualche sospettato di strage terroristica veniva immerso con la testa nell’acqua, decine di teste mozzate dagl’islamisti hanno continuato a rotolare sulle sabbie dei deserti mediorientali e nel silenzio di Obama. Certo, nessuno di noi avrebbe mai voluto essere uno dei sospettati di strage terroristica sottoposti a water-boarding, men che meno uno dei sospettati rivelatesi innocenti; ma se nessuno di noi è finito tra i decapitati dell’islamismo, lo dobbiamo in parte non piccola anche agli Stati Uniti e al loro water-boarding.
Non è mai bello essere innocenti e venire angariati, ma questo deve valere sia per gli Stati Uniti sia per il terrorismo islamista; e il secondo non avrà mai un Obama che chiede scusa. Non è mai bello essere degl’innocenti che finiscono nelle grinfie adirate di chi è impegnato a cercare e a punire i colpevoli di una strage senza precedenti, che si è vista consumare sotto i propri occhi, ma questa è l’orrida tristezza delle guerre. Capita sempre, è inevitabile. La cosa non si fa per questo più bella, ma coincide con l’incapacità cronica dell’essere umano di comportarsi sempre in modo inappuntabile.
Ciò che però è davvero immorale è appiattire ogni cosa sul medesimo piano; ignorare la differenza tra aggressori e aggrediti; acconsentire al male. Al male che per primo compie l’islamismo antioccidentale e per secondi, semmai, un po’, compiono anche gli Stati Uniti: a causa, però, del male del primo.
In questi momenti di acceso antiamericanismo è quindi davvero confortante poter leggere parole lucide come quelle firmate dal direttore della testata online L’intraprendente, Giovanni Sallusti. Parole in cui c’identifichiamo.
Marco Respinti