Il 1° gennaio è scomparso, a 82 anni, Mario Cuomo. Tre mandati consecutivi alla guida dell’importantissimo Stato di New York dal 1983 al 1994, è stato a lungo la star incontrastata dell’ala più progressista del Partito Democratico e un eterno candidato “degli altri” alla Casa Bianca giacché lui proprio non ne ha mai voluto sapere.
Oggi lo si ricorda come una specie di eroe popolare perché è stato il primo figlio di emigranti cha abbia governato lo Stato di New York con un mandato quasi da record. Ma basta questo a farci sentire Supermario Cuomo come “nostro”? Basta per considerarlo una gloria di Little Italy, con un patriottismo da campionato mondiale di uno sport di cui nemmeno conosciamo l’esistenza? No di certo. Perché per ricordare per intero il governatore Cuomo occorre ricordare lucidamente il cittadino e l’uomo Cuomo. E nella biografia del cittadino e dell’uomo Cuomo spicca la sua fede cattolica sempre proclamata a gran voce. Cuomo era cattolico e del suo cattolicesimo di dichiarava convintissimo. Lo era a tal punto da farne una discriminante della propria azione politica: in nome della sua fede cattolica, Cuomo si è sempre infatti opposto con decisione alla pena di morte, e questo lo ha fatto sempre, anche quando gli è costato l’ennesima rielezione, nel 1995, a vantaggio del Repubblicano George Pataki.
Ma con questa stessa fermezza il cattolico Cuomo ha sempre difeso le politiche dello Stato a favore dell’aborto. E lo ha fatto in modo aperto, spavaldo, militante, esattamente come il simbolo di tutti i liberal Democratici, John F. Kennedy (1917-1963), il primo “cattolico adulto” made in USA. All’aborto, infatti, Cuomo diceva di essere personalmente contrario, ma di volerne comunque convintamente difendere la liceità in nome del diritto degl’individui a decidere da sé su tutto e tutti. Per Cuomo, cioè, come per Kennedy prima di lui, esistevano dei princìpi che non si possono negoziare solo finché qualcuno non li contrabbanda. La potremmo definire una “democrazia metafisica”: quella che con la partecipazione dei cittadini alla vita politica di un Paese non c’entra nulla, ma che è un solvente così potente da riuscire a smuovere (con l’opinionismo, i “secondo me” e le schedine elettorali) persino le questioni di principio.
Se non si vuole fare torto alla memoria di Mario Cuomo, occorre insomma serenamente ricordarlo come un importante leader politico del mondo occidentale che non ha mai difeso i bimbi innocenti ancora nel grembo delle loro madri con la stessa passione con cui ha perorato i diritti dei criminali incalliti, sacrificando sistematicamente la vita dei secondi sull’altare di un ideologismo stucchevole.
Marco Respinti