Una cronaca di Michele Brambilla della presentazione dell’ultimo libro di mons. Anatrella avvenuta venerdì scorso 27 febbraio a Milano per iniziativa delle Edizioni San Paolo, Alleanza Cattolica e Obiettivo Chaire. L’iniziativa ha visto un significativo concorso di pubblico anche se purtroppo bisogna fare notare come la stampa cattolica, in primis Avvenire con gli articoli di Luciano Moia, ha intervistato il sacerdote e psicanalista francese “dimenticandosi” però completamente di ricordare come quest’ultimo non si sia organizzato da solo, dando prova di un modo discutibile di fare giornalismo.
Il Centro Culturale di Milano ospita la sostanziosa conferenza di mons. Tony Anatrella, sacerdote parigino, psicologo, consultore del Pontificio consiglio per la famiglia, da tempo impegnato nel combattere la questione del gender. Con accanto Giancarlo Ricci, membro dell’Associazione Italiana Lacananiana di Psicoanalisi (ALIPSI), presenta in Italia, per le edizioni S. Paolo, la sua ultima (“vecchia” a suo dire, poiché il libro ha già un anno e riprende materiale più datato, “ma conserva la sua attualità”) fatica letteraria, Il regno di Narciso (2014).
L’uditorio è nutrito. Ci sono anche diversi sacerdoti.
La premessa di Ricci all’intervento di Anatrella riassume i contenuti del libro. La prima parte cerca di comprendere cosa sia l’omosessualità. La seconda analizza le pulsioni sessuali nell’infanzia e nell’adolescenza, ne studia il rapporto con l’identificazione con i genitori e ne descrive le conseguenze sociali. La terza verifica cosa comporta per la libertà di espressione l’introduzione di una legge anti-omofobia come quella in vigore in Francia, dove ha preceduto l’introduzione del matrimonio gay.
Mons. Anatrella è a conoscenza della situazione italiana, alla quale continuamente rimanda, instaurando un confronto proficuo con quella francese. Vede all’opera in ogni caso “pressioni per imporre la questione gender” ad ogni livello da parte di lobby agguerrite e ricchissime, ed una politica troppo genuflessa perché ha perso “il senso del bene comune”, che la dovrebbe caratterizzare, e si mette a legiferare “sui fantasmi”.
Tante volte le lobby gay vogliono far passare i loro oppositori per folli. In realtà, se c’è una patologia, per mons. Anatrella essa è visibile proprio nel conio della parola “omofobia”. “Omofobia”, oltre a non voler dire niente dal punto di vista semantico, nasconde una vera “isteria”, cioè la tendenza a “pretendere che l’altro abbia i tuoi stessi sentimenti. Siamo sempre più una società paranoica, che si crea i nemici, ed il nemico principale è diventato il nemico sessuale”. L’ideologia gender nasce dalle radici profonde della filosofia contemporanea che hanno instillato l’illusione che “l’uomo può darsi da sé un’identità” a prescindere dalle realtà circostante, dalla cultura in cui è immerso e dal vissuto. “Non ci si riceve come uomo o come donna, ma come materia informe che ciascuno costruirà come vuole”.
Secondo mons. Anatrella, tanta parte dell’omosessualità verrebbe da un’introflessione dell’affettività, che crea proprio il meccanismo del “regno di Narciso”. Narciso è il personaggio mitologico che annega nel lago in cui rimirava la propria immagine riflessa. “La forma dello specchio sorge nel bambino a partire dai 6-18 mesi”. Il bambino comincia a scoprirsi guardando la propria immagine e si identifica con il genitore del suo stesso sesso. L’impatto con la realtà esterna alla famiglia gli fa incontrare altri soggetti e lo apre all’altro sesso. “Le pulsioni devono quindi purificarsi”, altrimenti si rischia un amore insano di sè. Un omosessuale di 24 anni ha raccontato a mons. Anatrella che quando toccava l’organo sessuale del compagno in realtà ricercava i propri genitali. La società non può basarsi su queste tendenze, che ci sono sempre state, altrimenti si avvallerà “l’esplosione delle pulsioni” senza controllo. Già oggi siamo una società molto violenta. “C’è molta sessualità anche nell’ISIS”, che è il parossismo di sentimenti distruttivi.
Le domande del pubblico vertono sul leniniano “che fare?”. Nella “dittatura dei costumi” il relatore vede “il conformismo che ha fatto da base ai totalitarismi. Negli anni ’30, quando gli intellettuali criticavano le ideologie venivano espulsi, e nazismo e comunismo hanno poi distrutto l’Europa. Così in tanti hanno accettato i diktat comunisti cercando l’identificazione nel pensiero dominante” per quieto vivere. Invece bisogna reagire. Una delle vie fondamentali è “opporsi alla diffusione del gender nelle scuole”, che fa leva sulla naturale curiosità dei bambini per sommergerli di nozioni inutili e traumatizzanti. L’altra è che “le famiglie reagiscano” con un sostanzioso associazionismo “che mobiliti e si renda presente davanti ai politici”.
Tanto è già stato fatto, sia in Francia che in Italia, ma l’allerta non può essere abbassata. Come ricorda Marco Invernizzi, la prossima tappa del cammino del gender sarà la legge sulle unioni civili, che potrebbe essere discussa già a marzo.
Michele Brambilla