Tra processi penali e bulloni ancora da avvitare, sembra quasi che solo la Chiesa si stia entusiasmando per EXPO alla sua vigilia. Non sono solo le feste di piazza di settimana scorsa nelle Zone pastorali. Il card. Angelo Scola entra in forma privata nel cantiere del polo fieristico. Gli viene incontro il vice-direttore di Caritas Ambrosiana, che cura il padiglione della Santa Sede, affidato all’arcidiocesi di Milano: “Siamo nei tempi. Saremo pronti per il 1 maggio”.
L’arcivescovo vede in EXPO una grande occasione di apostolato e conoscenza. Ha un senso ben preciso che sia Milano, il 17-19 aprile, ad ospitare il congresso missionario nazionale dei seminaristi italiani. Non ci sono solo i chierici degli istituti missionari, ma anche tutti quei gruppi di sensibilizzazione che, analogamente ai loro “fratelli” parrocchiali, tengono alta l’attenzione ai Paesi in partibus infidelibus all’interno dei seminari diocesani. I delegati vengono inviati nei luoghi “caldi” della pastorale milanese (oratori, mense per i poveri…), affinché tocchino con mano la vita pulsante della missione in Occidente oggi. Il congresso è ospitato a Venegono Inferiore, ed anche questo non è casuale: si cominciano infatti a festeggiare gli 80 anni (1935-2015) della sede più recente del Seminario arcivescovile di Milano con un rilancio della sua destinazione a formare pastori a tutto tondo, che amino veramente il gregge a cui sono destinati.
Il sorriso dei seminaristi s’aggira in una Milano ancora sotto choc per la sparatoria avvenuta nel Palazzo di Giustizia il 9 aprile. Il card. Scola ha diramato un comunicato nelle prime ore dopo la tragedia ed ha poi presieduto in Duomo i funerali delle vittime. Anche in frangenti così dolorosi non viene meno lo sguardo ottimistico sul presente e sul futuro: il primo accenno è infatti alla Risurrezione di Cristo, orizzonte di senso generale nel quale rileggere anche la sofferenza presente. Mentre ci si lamenta delle falle del sistema di sicurezza (la ditta che sorveglia il tribunale è la stessa che ha l’appalto in EXPO!) e qualcuno si esercita pure nella dietrologia (ad armare l’imprenditore Claudio Giardiello, che ha ucciso per motivi personali, sarebbe stata, secondo i “giustizialisti”, l’eco delle critiche allo strapotere dei magistrati), l’arcivescovo invita a guardare più in alto.
“Prego affinché la luce del Risorto accenda nei cuori dei familiari delle vittime la speranza certa della vita eterna. L’Autore della vita consoli il loro straziante dolore. Lo smarrimento e la paura che ora invadono noi tutti non diano spazio a sterili polemiche. La tragica morte delle vittime incrementi il nostro impegno nell’edificazione della vita buona tesa al benefico sviluppo della nostra Milano”.
Ed ancora, nell’omelia dei funerali solenni: “L’amore può vincere realmente la morte, anche questa orribile morte”. Dio, che è amore, è morto ed è risorto, ergo la morte non ha più l’ultima parola.
“Mi permetto di suggerire a tutti, anche a chi non crede, un gesto semplice che possa supplire alla radicale insufficienza delle parole che vi ho rivolto: guardiamo il Crocifisso, magari prendendone in mano l’effigie. Fino a quella croce tutte le donne e tutti gli uomini possono giungere, come mostra la Storia delle nostre terre. Il Crocifisso ha realmente preso su di sé anche il più ributtante male dell’uomo. Lasciamoci guardare da Lui: nella indicibile pena il Crocifisso risorto sia il nostro conforto”.
Con un Dio così, l’ottimismo è la regola.
Michele Brambilla