Riportiamo il commento all’Enciclica “Laudato si” di Massimo Introvigne pubblicato sul Mattino di Napoli del 19 giugno 2015
Con la sua seconda enciclica, «Laudato si’», la più lunga pubblicata da un Pontefice, Papa Francesco propone un grande affresco della crisi del mondo contemporaneo, di cui la crisi ecologica è insieme segno ed effetto. Comprensibilmente, molti commenti si concentrano sul primo capitolo, che presenta una sintesi della ricerca scientifica contemporanea sull’ambiente e adotta anche la teoria controversa del riscaldamento globale come fenomeno ampiamente causato dall’uomo, che non manca di detrattori anche tra gli studiosi cattolici. Tuttavia il Papa ripete più volte nel documento che «la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche», «non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto tra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione».
Non è dunque rubare il lavoro agli scienziati il proposito dell’enciclica, che – oltre a San Francesco, da cui deriva il titolo – ha due principali ispiratori, il teologo italo-tedesco Romano Guardini e Benedetto XVI, l’autore più citato. Tra i fenomeni che vanno a costituire la crisi ecologica il Pontefice – attingendo alla sociologia – sottolinea quella che chiama «rapidizzazione» o accelerazione, cioè «l’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro» che ci trasmettono la sensazione costante di non avere abbastanza tempo. «L’accumularsi di continue novità consacra una fugacità che ci trascina in superficie in un’unica direzione. Diventa difficile fermarci per recuperare la profondità della vita». Si costruiscono anche città e palazzi in fretta, perdendo i valori del bello. «Se l’architettura – scrive Francesco – riflette lo spirito di un’epoca, le megastrutture e le case in serie esprimono lo spirito della tecnica globalizzata, in cui la permanente novità dei prodotti si unisce a una pesante noia».
La crisi ecologica comprende i problemi dell’acqua, dell’aria, dei rifiuti: ma il Papa si scaglia contro chi «invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso» propone come soluzione «la riduzione della natalità» e «politiche di “salute riproduttiva”» fondate sull’aborto. Francesco ripete la tradizionale posizione della Chiesa secondo cui «la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale».
È uno dei momenti che consentono di misurare la distanza fra l’«ecologia integrale» di Francesco e un ecologismo ideologico, panteista, New Age, che considera la specie umana è «una minaccia», «per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta». Ecologia sì, ma «non possiamo sostenere una spiritualità che dimentichi Dio onnipotente e creatore. In questo modo, finiremmo per adorare altre potenze del mondo, o ci collocheremmo al posto del Signore».
In un’enciclica impregnata di francescano amore per gli animali, e di lamento per le specie che si estinguono e non potranno più dare gloria a Dio, il Papa sottolinea con forza che mai si dovranno «equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare». «Si avverte a volte – scrive Francesco – l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità fra gli esseri umani». Un indizio sicuro che un falso ecologismo è all’opera per il Papa è la «giustificazione dell’aborto»: non è credibile proporre la cura degli animali «quando non si dà protezione a un embrione umano». Né è coerente parlare di natura in genere e non riconoscere la natura umana, non «apprezzare il proprio corpo nella sua mascolinità e femminilità»: con un trasparente riferimento alla teoria del gender, il Papa afferma che «non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».
Dall’enciclica «Caritas in veritate» di Benedetto XVI, Francesco riprende la fortissima denuncia della tecnocrazia, del dominio della tecnica già «ostentato dal nazismo, dal comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni di persone» e che oggi si globalizza. Non bastano buona gestione dei rifiuti, convenzioni internazionali sul clima, trasporti efficienti ed ecologicamente sostenibili. L’«ecologia integrale» implica anche «la necessaria relazione delle vita dell’essere umano con la legge morale iscritta nella sua propria natura». Ispirata dalla morale, «la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia».
Francesco cita Guardini, il quale già descriveva un uomo che «accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo fa con l’impressione che questo sia ragionevole e giusto». La tecnocrazia non si limita più al dominio: pretende il consenso. Per ribellarsi a questa situazione è indispensabile cambiare il proprio stile di vita. «Educazione ecologica» non può essere uno slogan: parte dal «coltivare solide virtù» attraverso il sacrificio, la sobrietà, l’amore per i poveri, i piccoli sforzi che si apprendono in famiglia – a partire dalla buona educazione, che è pure educazione a non sprecare – e anche una «adeguata educazione estetica». Il reiterato riferimento all’estetica di fronte alla gravità dei problemi potrebbe sembrare incongruo. Ma «quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli».
Massimo Introvigne