In occasione della festa di san Lorenzo, il card. Bagnasco ha pronunciato parole importanti sulla possibilità che i cattolici in Occidente diventino una minoranza. In realtà il problema riguarda soprattutto l’Italia perché negli altri grandi Paesi dell’Europa occidentale (Germania, Francia, la stessa Spagna), i cristiani sono minoranza da tempo, a causa soprattutto del secolarismo. In Italia esiste una percezione diversa, perché le forze ideologiche e politiche che diffondono il secolarismo considerano la Chiesa come una forza ancora imponente, alla quale bisogna togliere ogni possibile influenza, come dimostra la sentenza della Corte di cassazione che ha costretto due scuole paritarie di Livorno gestite da suore a pagare l’Ici dal 2004 al 2009, nonostante la legge lo escluda.
Forse la risposta più corretta è che i cattolici sono una minoranza anche in Italia, come hanno dimostrato i due referendum perduti nel 1974 e nel 1981 su divorzio e aborto, ma una minoranza importante, capace di riempire le piazze, di fermare i Dico, di “vendere cara la pelle” sui temi bioetici ancora oggi, oltre trent’anni dopo la legalizzazione dell’aborto, perché come ha detto l’arcivescovo di Genova, se è vero che pochi frequentano la messa domenicale, il senso comune di una parte consistente di italiani rimane impregnata di fede incarnata, di principi riconducibili più o meno coscientemente alla legge naturale.
Allora, da una parte non bisogna avere paura di essere una minoranza, ma neppure bisogna presumere di avere il potere di determinare il corso degli eventi, come se i cattolici disponessero di un grande potere.
Bisogna invece diventare consapevoli di che cosa significa operare come una minoranza. Il Magistero pontificio ce lo ricorda dal pontificato di Pio XII in avanti. Su questo presupposto è nata la proposta della nuova evangelizzazione. Si deve prendere coscienza che si sono esauriti gli effetti della prima evangelizzazione, che aveva impregnato della fede in Gesù la cultura, i costumi e le istituzioni del mondo occidentale. Una minoranza consapevole si comporta come dovrebbero fare i missionari in un Paese estraneo e lontano, spesso avverso: con umiltà, senza nostalgie, annunciano Cristo e le conseguenze sociali della fede cattolica, che può essere accolta anche dai non cristiani. E lo fanno con pazienza, una pazienza storica, che non si aspetta i risultati da un momento all’altro, ma che semina nella convinzione che qualcuno prima o poi raccoglierà i frutti. Così sono nate le cristianità nella storia, compresa quella occidentale che oggi non esiste più.
Lascio la parola al card. Bagnasco, che ha descritto in modo mirabile l’itinerario che ci può riportare a una nuova stagione missionaria del cattolicesimo italiano:
«Se fosse questa l’ora presente, non dobbiamo temere: sarà la via dura che ci riporterà al centro spirituale, forse ad essere più semplici di strutture e di mezzi, ma più affidati al Signore. Sarà una comunità forse meno rilevante, ma più stretta attorno a Cristo, Chiesa di indigenti che confidano e tutto sperano da Lui. Essa potrà anche sparire dall’orizzonte visibile del mondo che conta, ma il travaglio passerà. E allora sarà il tempo del risveglio: gli uomini scopriranno di abitare in un mondo di indescrivibile solitudine, e – avendo perso di vista Dio – avvertiranno l’orrore della loro povertà. Solo allora volgeranno lo sguardo verso le piccole comunità cristiane, a quei piccoli resti di fede, e scorgeranno in quel piccolo gregge qualcosa di totalmente nuovo, qualcosa che forse non avevano mai incontrato o di cui si erano dimenticati, o che avevano guardato con sufficienza come a rimasugli di passato. Ma che improvvisamente vedranno come una perla preziosa, come un tesoro nascosto non perché tenuto segreto, ma perché i loro occhi erano diventati ciechi. Qualcosa che emergerà alla loro vista incuriosita e sorpresa, perché scopriranno delle comunità umili, segnate dalla benevolenza e dalla non paura della verità: benevolenza e verità che pulsano nel cuore e splendono sul volto di Gesù, volto che s’incontra nel “noi” della Chiesa».
Marco Invernizzi