Milano ospita sul finire di agosto il raduno nazionale di una tra le categorie più antiche della Chiesa, le vergini consacrate. Fin dai primi secoli, infatti, si trovò chi, tra le donne cristiane, desiderasse consacrarsi al Signore con speciali voti. S. Ambrogio, che in casa aveva l’esempio della sorella maggiore Marcellina, da vescovo di Milano fu un grande propugnatore di questa particolare forma di dedizione alla Chiesa, che all’epoca non comportava necessariamente l’allontanamento dalle pareti domestiche, o dal mestiere quotidiano, e la vita comunitaria. Il 31 maggio 1970 Paolo VI promulgò il nuovo Rito della consacrazione delle vergini, rimettendo in auge un tipo di “monachesimo” cittadino che non contemplava l’ingresso negli ordini religiosi sorti nel frattempo, ma, in compenso, trovava come sbocco naturale la pastorale ordinaria delle parrocchie.
Le consacrate dell’ordo virginum (non un ordine particolare, come detto, ma un ordinamento speciale all’interno della Chiesa diocesana, di diretta competenza del vescovo) in Italia assommano a circa 650, di tutte le età. Il territorio ambrosiano, per cultura locale, si è dimostrato particolarmente ricettivo, superando la stessa Roma: le vergini milanesi sono infatti 105, le più numerose a livello nazionale.
L’assise delle vergini si tiene dal 27 al 30 agosto nei chiostri del Seminario Arcivescovile. Il 28 è il giorno dell’intervento del card. Angelo Scola, che, oltre a fare gli onori di casa, tira le fila del discorso sviluppato nel convegno.
“Una resta nel suo contesto globale, è comunque guardata a partire da ciò che è sempre stata. Un po’ come dicono i concittadini di Gesù nel Vangelo: “Non è costui il figlio di Giuseppe?”(Luca 4, 22). Questo implica un andare alla radice di questa forma di consacrazione, che domanda un rischio di libertà molto accentuato. Una non è “protetta”, per quanto possa esserlo oggi, da un congregazione religiosa o da un monastero; deve giocare il suo Battesimo ogni mattina e ripartire”.
E’ in questa libera e totale donazione ai fratelli nei luoghi quotidiani, garantita dal vescovo diocesano, che sta il grande fascino delle laiche consacrate.
Un’altra categoria antica (i primi diaconi furono ordinati dagli stessi Apostoli) rivitalizzata negli anni del Concilio Vaticano II è quella del diaconato permanente. Il 29 agosto l’arcivescovo si reca anche all’assemblea annuale dei diaconi permanenti ambrosiani. Il momento è pensato anzitutto per presentare il nuovo direttorio diocesano del diaconato permanente, approvato il 19 marzo, che con settembre entra in vigore.
“A quasi trent’anni dalla sua istituzione nella diocesi di Milano (1986) si deve riconoscere che dagli inizi pionieristici si sono compiuti passi importanti, in particolare per quanto riguarda i criteri di discernimento per l’ammissione al diaconato, i percorsi di formazione in ambito teologico-pastorale e spirituale”.
Viene maggiormente curato il tirocinio pastorale dei candidati.
“Il Direttorio rappresenta da un lato la recezione a livello normativo di quanto l’esperienza ha insegnato e la prassi ha progressivamente precisato, d’altro lato l’auspicio che le indicazioni offerte, il costante impegno dei responsabili, la vita stessa dei diaconi ordinati contribuiscano alle chiarificazioni desiderabili”.
Sia le vergini consacrate che i diaconi permanenti sono quindi nel pieno di un cammino che li sta interrogando sulla loro presenza nel mondo ecclesiale contemporaneo. La nuova evangelizzazione necessita anche di questi tesori, che la Chiesa estrae dal forziere inesausto dell’autentica tradizione.
Michele Brambilla