“Dall’esame del testo – presentato come nuovo – del ddl sulle unioni civili non emerge alcuna sostanziale modifica rispetto al testo precedente: di più vi è il maldestro tentativo di mascherare la sostanza, che però resta senza equivoci quella del matrimonio fra persone dello stesso sesso.”
E’ quanto dichiarano Massimo Introvigne, presidente del Comitato Sì alla famiglia, e Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro studi Livatino.
“Mentre l’art. 1 riprende a proposito delle coppie same sex l’espressione “ specifica formazione sociale”, con l’evidente intento di distinguerle dalle coppie unite in matrimonio, l’art. 2 al comma 1 conferma l’esistenza del rito: l’unione civile esiste solo se ci si reca dall’ufficiale dello stato civile alla presenza di due testimoni; e ciò somiglia più al rito matrimoniale che alla comunicazione anagrafica di convivenza. L’art. 3 è quello che tenta più di altri il “mascheramento”: è vero infatti che il comma 4 precisa che l’estensione ai civil-uniti del regime del matrimonio si realizza solo per le disposizioni del codice civile espressamente e numericamente menzionate, ma ciò accade dopo che il comma 1 dello stesso articolo ha trasposto, eguale anche nelle virgole, il testo integrale dell’art. 143 del codice civile e al comma 2 il testo integrale dell’art. 144 cod civ (due su tre di quelli che vengono letti al momento della celebrazione delle nozze). L’art. 4 conferma per i civil-uniti – al pari dell’originario “Cirinnà” – la partecipazione alla quota della legittima nella successione; l’art. 5 ribadisce l’esistenza della stepchild adoption; l’art. 8 contiene la delega al governo – fra l’altro – per il riconoscimento in Italia dei matrimoni contratti all’estero fra persone dello stesso sesso. L’art. 23 sulla copertura finanziaria sembra coprire anche gli oneri della estensione della pensione di reversibilità. Siamo favorevoli a una disciplina delle convivenze, anche omosessuali, che riconosca i diritti individuali fondamentali, dalla visita in ospedale e in carcere ai diritti relativi al l’abitazione, sul modello della proposta Sacconi-Pagano. Qui però non siamo di fronte a una disciplina dei diritti individuali ma a una nuova versione di simil-matrimonio, con apertura alle adozioni e quindi implicitamente anche all’utero in affitto”. Introvigne e Mantovano concludono auspicando che l’opposizione a tutto ciò si rafforzi anche per la modalità “da presa in giro” con cui i suoi promotori vorrebbero convincere che si tratta di una semplice disciplina delle convivenze.