Come era accaduto 50 anni fa al termine del Concilio Vaticano II, così sta accadendo oggi al termine del secondo Sinodo dei vescovi sulla famiglia: c’è stato un Concilio dei media e uno dei padri (e dei documenti), così oggi c’è il Sinodo dei media che titolano che la Chiesa ha aperto alla comunione ai divorziati risposati, e poi c’è il Sinodo del discorso del Pontefice, che afferma altre priorità che naturalmente ai giornali sfuggono.
Così come avvenne allora, così avverrà anche oggi: molte persone si faranno un’opinione sul Sinodo leggendo i titoli (neppure gli articoli) o ascoltando i commenti televisivi. Questo avverrà sia da parte di chi è favorevole a una rivoluzione nella Chiesa che metta da parte il principio fondamentale dell’indissolubilità di un matrimonio valido, sia da parte di chi è ostile a qualsiasi atteggiamento che induca la Chiesa ad accogliere e aiutare le persone che hanno sbagliato, o che hanno hanno subito una ferita inferta da altri, il coniuge in questo caso, senza per questo cambiare nulla della dottrina sul matrimonio.
Allora che cosa dobbiamo fare? Alleanza Cattolica, come è stato ripetuto tante volte, ha scelto di tacere durante il Sinodo aspettando le parole definitive del Papa, che saranno verosimilmente contenute nell’esortazione apostolica postsinodale del 2016. Senza nulla togliere all’importanza del Sinodo, vale però la pena di ricordare che esso non è un Parlamento dove si formano correnti e alla fine si vota per stabilire che cosa fare, ma è una istituzione fondata dal beato Paolo VI nel 1965 con il Motu proprio Apostolica sollicitudo, sottomessa direttamente al Pontefice, con lo scopo di favorire l’unione fra i vescovi e il Papa, di informare quest’ultimo su un determinato tema e di “rendere più facile l’accordo delle opinioni almeno circa i punti essenziali della dottrina e circa il modo d’agire nella vita della Chiesa”. Poi spetta al Pontefice decidere.
Nel frattempo però il Papa ha parlato, nel discorso conclusivo del Sinodo. Leggiamo e rileggiamo questo discorso, lasciando perdere giornali e telegiornali sul punto. In sostanza, andiamo alla fonte, cosa facilmente possibile nell’epoca di internet, sul sito della Santa Sede www.vatican.va, oppure in questo caso su Avvenire, che opportunamente lo ha pubblicato come editoriale della domenica 25 ottobre.
Il Pontefice ha detto poche cose, molto chiare e facilmente comprensibili.
Ha “sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana“. Così ha ribadito le caratteristiche immutabili dell’istituto matrimoniale e il suo essere la cellula fondamentale della società.
Tuttavia ha anche ricordato che la dottrina non è un martello da dare sulla testa alle persone che hanno sbagliato e subito delle ferite, denunciando “i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite“.
Pertanto ha ribadito che “Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore (cfr Gv 12,44-50)”.
L’invito del Santo Padre, reiterato, è di andare a cercare le persone lontane per raccontare la bellezza del matrimonio così come viene presentato dall’insegnamento cristiano, invece di stare nelle sagrestie a lamentarsi che il mondo va male e a giudicare gli errori di chi sbaglia. Ma questo insegnamento non lo troverete quasi mai sui giornali e sulle TV. Allora facciamo la cosa più semplice: smettiamo di leggere e ascoltare in modo acritico e andiamo a leggere il Papa alla fonte, consapevoli che i giornali e le TV non ci aiutano a conoscere la verità delle cose, ma servono per “intossicare” il nostro rapporto con la realtà, come prevedeva la vecchia tecnica insegnata dai servizi segreti sovietici, per confonderci e renderci incapaci di distinguere il vero dal falso.
Marco Invernizzi