Misure di sicurezza eccezionali in Duomo il 27 ottobre per il doppio incontro (con il clero ed il laicato) del card. Bechara Boutros Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano), rientrante nel ciclo “Evangelizzare la metropoli”. Il fatto che il relatore sia libanese ed abbia competenza su molti cristiani del Medio Oriente, in un’area lambita dall’ISIS, da sempre soffocata dall’estremismo di Hezbollah e priva di presidente della Repubblica da più di un anno, per non parlare della presenza tra le navate del console del Libano, comporta agenti in borghese, militari alle porte e transenne aggiuntive all’interno della cattedrale.
Milano riabbraccia quel giorno anche il suo arcivescovo, card. Angelo Scola, che ha ottenuto che il patriarca prolungasse la sua permanenza in Italia, dovuta al Sinodo sulla famiglia, appositamente per incontrare il popolo ambrosiano. Il card. Scola introduce il relatore sottolineando “la testimonianza che ci danno i fratelli del Medio Oriente. Anche il Sinodo non ha voluto concludersi senza un messaggio a quei cristiani”. Boutros Rai ringrazia ricordando l’antichità dell’amicizia con il nostro arcivescovo (“La nostra amicizia risale ai tempi in cui lei era rettore della Pontificia Università Lateranense e so quanto ha fatto per le Università cattoliche in Libano”), ma subito dopo comincia un intervento a suo modo spiazzante, poiché sul banco degli imputati siede più l’Occidente secolarizzato dell’integralismo islamico.
Secondo il patriarca, infatti, il modello confessionale libanese, con l’assenza di una religione di Stato, ma con la promozione diretta e convinta dei valori provenienti dalle religioni presenti in loco (Cristianesimo ed Islam nelle loro varie denominazioni), accusa proprio la laicité radicale rivoluzionaria.
“Mentre tutte le Nazioni islamiche sono teocratiche, noi abbiamo creato una democrazia, in cui cristiani e musulmani partecipano ugualmente alla gestione dello Stato” partendo proprio dalla tutela delle specificità culturali delle singole comunità. “La legislazione difende la famiglia e la legge divina”, pertanto in Libano “non esiste il matrimonio civile”.
Riguardo proprio alle tematiche sollevate al Sinodo, ogni diocesi libanese dispone di un ufficio per i fidanzati e gli sposi, spesso collocato all’interno o nei pressi dei tribunali civili. “Se ci sono problemi nella coppia, il parroco avverte il vescovo, che aiuta i coniugi a trovare una soluzione” prima che si giunga alle vie legali. Il patriarca maronita, come le altre Chiese, è spesso consultato anche per le questioni politiche, poiché in Libano nessuna autorità si dà senza il consenso ed il voto delle singole comunità.
Il card. Boutros Rai vede l’Occidente inseguire il miraggio di falsi “diritti umani”, ma tralasciare “i diritti di Dio”. Non bisogna aver paura del musulmano “medio”, mentre bisognerebbe preoccuparsi di non scandalizzarlo con orrori come la promozione dell’aborto, dell’eutanasia e delle nozze gay.
“Il mondo occidentale dimostri ai musulmani la sua Fede cristiana (…). Date una grande testimonianza quando la Fede è vissuta in tutte le generazioni e la famiglia è rispettata e protetta”.
Tirando le file del discorso, il nostro arcivescovo chiosa il confratello, dicendo che “si può vivere in una grande città guardandosi l’ombelico”, oppure diventando testimoni. In proposito, il card. Scola è lieto di annunciare che il 7 maggio 2016 Papa Francesco visiterà l’arcidiocesi di Milano. “Verrà a confermarci nella fede, che è sia personale che ecclesiale. La visita pastorale del Papa aiuta a comprendere anche lo scopo della visita pastorale ai decanati”, che prosegue in settimana con Vighizzolo di Cantù.
Michele Brambilla