E’ uno dei cattolici provenienti dall’Islam battezzato nella Pasqua 2015 ad accogliere il card. Angelo Scola nella visita pastorale alla parrocchia di S. Bernardo alla Comasina, nel pomeriggio di venerdì 18 dicembre. Testimonia concretamente come il Bambino sia davvero la luce mandata a tutti i popoli perché abbiano salvezza.
“La nuova Milano verrà da qui, perché in queste periferie c’è una base di popolo che affronta tutte le contraddizioni con un’umanità intensa, sentimenti che noi non abbiamo più, figli, come siamo, di un’epoca consumistica che rischia il paganesimo e di tornare agli idoli”.
La liturgia ambrosiana dell’imminente giorno di Natale ricorda ogni anno proprio questo. Gesù è la luce che splende nelle tenebre della Storia. Ha scelto di entrare nel mondo con umiltà, alla periferia dell’Impero romano, rimanendo però il significato ultimo dell’esistente e puntando comunque, risolutamente, a conquistare anche il centro.
Il Rito ambrosiano esprime questo mistero con il linguaggio dello stupore fin dal lucernario (o rito della luce, durante il quale si accendono solennemente i lumi dell’altare) della Messa vigiliare, la celebrazione più antica (V sec.) della Vigilia. “Preparerò per il mio Consacrato una strada di luce: resteranno abbagliati i suoi nemici. Splenderà su di Lui la corona regale”. Vi si legge subito la percezione dell’eccedenza di Colui che arriva nella povera grotta di Betlemme rispetto alle aspettative ed alle capacità umane. Dice la 7^ strofa dell’inno proprio di Natale, Intende qui regis Israel: “O Tu che vivi eterno, di queste membra mortali rivestiti: corrobori l’umana debolezza l’eterno tuo vigore”.
Il popolo ambrosiano analogamente ai pastori, guarda all’intervento divino come ad un provvidenziale manto protettivo e canta nella Messa in nocte, la più cara alla devozione, “oggi la luce risplende su di noi” (ritornello Salmo responsoriale). La stella cometa è già un po’ la “colonna di fuoco” del Preconio pasquale, poiché è segno di Cristo stesso, come sempre il Preconio dirà esplicitamente: “Come ai Magi la stella, a noi si fa guida nella notte la grande luce di Cristo risorto”.
L’albero di Natale, un sempreverde ricoperto di ornamenti sfarzosi, serve proprio a ricordare che il bambino sarà il Risorto, nel quale “al peccatore è rimesso il peccato, al mortale promessa la vita” (prefazio della Messa nella notte).
La Messa dell’aurora, la più “recente” (fu accolta a Milano dopo l’XI sec., poiché a Roma era solo la funzione in memoria dei cardinali defunti), ripete i medesimi accenti. “La maestà del Signore risplende nei cieli, la terra è piena della sua gloria” (antifona allo spezzare del Pane). “Da una umanità contaminata e vecchia sorge un popolo nuovo; la condizione mortale assunta dal Figlio vince la nostra morte” (prefazio). Con tali versi non si intende alludere alla carne ed alla persona della Madonna, che è l’Immacolata. Le contrapposizioni sottolineano soltanto il grande paradosso cristiano, ovvero un Dio che per redimere gli uomini decide di farsi uomo Egli stesso.
Ed ecco allora il carattere eminentemente mariano della Messa nel giorno, ricca di tropari (piccoli inni) provenienti dall’Oriente. E’ in questa Messa che si legge da Luca l’episodio della Natività così come storicamente si realizzò, dopo che la Messa in nocte ha proclamato il dogma tramite Gv. 1, 9-14 (il Lezionario “provvisorio” del 1976 partiva, molto più suggestivamente, dal v. 1: “In principio era il Verbo”).
L’Eucaristia è “salvifico scambio di doni” tra l’umanità debole ed il Dio incarnato, che entra nel mondo grazie ad una Madre la cui “integrità rimase tanto illibata che madre della verginità la possiamo proclamare. Beato il grembo santo della Vergine Maria, che tra tutte le donne sola meritò di portare il Signore del mondo” (prefazio).
Michele Brambilla