Così l’Espresso definisce i politici, in particolare l’assessore Cristina Cappellini della giunta della regione Lombardia. L’assessore alla cultura parteciperà con il Gonfalone della Regione al nuovo appuntamento del mondo pro-family a Roma il prossimo 30 gennaio, continuando un percorso iniziato con la proposta di istituzione della giornata della famiglia naturale a firma del consigliere Massimiliano Romeo e con l’organizzazione del convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità” il 17 gennaio 2015. Per chi non lo ricordasse furono scritti 19.000 articoli nel mondo (senza contare le quasi 100 testate presenti all’evento) e a parte due o tre testate nessuna era a favore. Il 17 gennaio il mondo delle Sentinelle in piedi, dell’associazionismo cattolico e non, trovarono un interlocutore istituzionale che sposò la loro richiesta di rappresentanza in un mondo politico che sembrava aver definito come ineluttabile il disegno di legge Scalfarotto e le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Quel convegno ruppe gli equilibri: una importante regione d’Europa, la cui capitale da lì a pochi mesi sarebbe diventata il centro del mondo con Expo, si schierava con la famiglia naturale.
Dal quel 17 gennaio è passato un anno e le truppe del “politicamente corretto” sembrano impantanate nel tentativo di far approvare il ddl Cirinnà. Ogni giorno che passa gli ostacoli sembrano crescere, non ultimo la sua presunta incostituzionalità.
L’Espresso, allora, non trova nulla di meglio di definire pasdaran i membri del consiglio regionale lombardo. Ma siamo sicuri che sia così? In un recente articolo, Avvenire riporta in merito al funzionamento dei registri delle unioni civili. Milano ha 1.000 coppie iscritte (pur sempre lo 0,083% della popolazione), ma il dato medio è un altro: i registri delle unioni civili – destinati al riconoscimento di persone conviventi per vincolo affettivo, di sesso uguale o diverso – vedono solo poche sparute iscrizioni. Pavia ha istituito l’albo nel maggio 2015, e a oggi è ancora intonso. Lodi e Sondrio lo hanno reso operativo da inizio anno, e in tutto il 2015 rispettivamente vi figurano i nomi dei componenti di sole 2 e 5 coppie. A Bergamo le iscrizioni raccolte dallo scorso maggio sono 12 (lo 0,01% dei residenti), mentre a Monza sono 10 (il documento è operativo da febbraio). Un numero leggermente più alto, in senso relativo, arriva soltanto da Lecco: in riva al lago le unioni civili si possono registrare dal 2013, e ora ne risultano 21 (si tratta dello 0,043% degli abitanti).
Con questi incredibili numeri, i fautori dell’utero in affitto (tecnicamente fattibile con il ddl Cirinnà, anche se non esplicitamente “scritto”), sostengono che i pasdaran, gli integralisti, sarebbero gli altri. Ora basta un po’ di buon senso per capire che l’operazione “unioni civili” non è una priorità nel paese, che le priorità sono altre (ad esempio la pressione fiscale sulle famiglie) e che imporre una legge per sovvertire la realtà, la Costituzione e il buon senso non fa bene alla nazione. Basterebbe fermarsi un attimo per capire che il furore ideologico dei pasdaran non sta nella giunta lombarda, ma sta in chi certa di mistificare la realtà, imponendo un modello di uomo nuovo rifiutato dal corpo sociale.
Non sappiamo cosa ci aspetta nel futuro, le colonizzazioni ideologiche forse prevarranno, ma un dato certo è che in questo paese c’è ancora chi ha voglia di battersi per i più deboli, i nostri figli, c’è ancora chi ci mette la faccia a costo di essere insultato dal primo giornalista che passa, e di questo siamo grati. In piazza, a Roma, il 30 gennaio, accanto a tanti milanesi ci sarà pure il Gonfalone.
Michelangelo Longo