E’ il secondo dei romanzi della trilogia dedicata a Publio Cornelio Scipione, il condottiero passato alla storia con l’appellativo de: l’Africano, per avere avuto l’audacia di portare la guerra in Africa e lì sconfiggere – nella sua stessa patria – il più pericoloso avversario che Roma abbia mai avuto: Annibale. Sullo sfondo delle guerre puniche, il romanziere spagnolo ripercorre la vita del grande generale romano e del riscatto che, grazie a lui, ebbero a guadagnarsi le cosiddette “legioni maledette”: la quinta e la sesta. O meglio: i resti di quelle legioni che erano state vergognosamente messe in fuga a Canne, in una delle poche battaglie che ancora oggi vengono studiate nelle accademie militari come raro esempio di annientamento totale dell’avversario. Una sconfitta talmente bruciante da indurre il Senato a condannare i pochi sopravvissuti all’esilio perpetuo in Sicilia. Ebbene: sono proprio questi reietti l’unica risorsa che viene concessa al giovane Scipione, in perenne antagonismo col Senato, dal suo potente decano: il cinque volte console Quinto Fabio Massimo, risoluto oppositore del suo audace progetto. Reduce dalla riconquista dell’intera penisola spagnola, fino ad allora trampolino e base logistica per l’invasione dell’Italia, Scipione non rinuncia al suo folle sogno africano neanche di fronte all’evidente ostacolo posto dal Senato. Si pone allora la sfida: come recuperare all’efficienza e disporre al combattimento soldati stanchi, demotivati, privati della stessa dignità di legionari di Roma, da anni dediti all’inedia, all’abbrutimento e persino al saccheggio per sopravvivere? L’autore ripercorre la storia di questo autentico miracolo, senza che i necessari adattamenti del romanzo tolgano sostanza alla verità storica, ripercorrendo le vicende delle legioni maledette e del loro mitico comandante: dall’addestramento in Sicilia, allo sbarco sulle coste del Nord-Africa, fino alla battaglia di Zama, che ridarà l’onore perduto ai primi e gloria definitiva al secondo. Il fatto che sia il secondo romanzo della trilogia, non impone necessariamente di avere letto il primo, nel senso che la narrazione conferisce al romanzo autonomia e coerenza tali da poter essere letto singolarmente. Lascia tuttavia il gusto e la voglia di conoscerne gli antefatti e le conseguenze, da cui deriva all’autore la certezza di essersi conquistato degli appassionati lettori.
Enrico Chiesura