Nella settimana che segue le ordinazioni sacerdotali e segna l’inizio dell’oratorio estivo, cioè uno dei momenti di massima visibilità per la Chiesa a Milano, il card. Angelo Scola affronta due dibattiti incentrati su quale società si voglia costruire nell’Europa contemporanea.
A Lugano, lunedì 13 giugno, incontra una sua antica conoscenza: il filosofo laico, ma rispettoso della religione, Massimo Cacciari. La sera dopo, a Milano, tocca invece a Romano Prodi, per lungo tempo il più noto esponente del cosiddetto “Cattolicesimo democratico”, erede di tutte quelle correnti convinte che occorra giungere ad un appeasement con la Modernità. Ad entrambi il card. Scola dice che “occorre un nuovo paradigma solidale per il bene di tutti”.
Il 23 giugno l’Inghilterra voterà un referendum sull’uscita dalla UE. Una UE che ha sempre meno i contorni sognati dai 3 cofondatori cattolici (Adenauer, De Gasperi, Shumann) e sempre più il volto di una tecnocrazia impersonale, impositiva di tutti i disvalori (aborto, eutanasia, gender…) che demoliscono la società europea anziché costruirla. Entrambi gli interlocutori dell’arcivescovo sono fortemente affezionati al mito fondatore della UE e della sua necessità, tuttavia non si avvedono (o hanno persino accompagnato, più o meno consapevolmente) della sua involuzione.
Cacciari, facendo un ovvio riferimento indiretto alla Lega Nord, depreca che “siamo assillati dai confini, dal bisogno di difesa”. Il card. Scola riporta il discorso ad un livello più profondo.
“Attingendo proprio al paradigma di un passato capace di integrare, si può avere il coraggio di generare il nuovo, incontrando l’altro. Invece, la tentazione più grande in questo momento è quella dell’immobilismo, una paralisi di idee e speranza, una mancanza di logos”.
Il “passato capace di integrare” non può essere altro che la Cristianità medievale, che ha radunato le più svariate etnie sotto il segno della Croce, quel logosspermatikòs (come dicevano i Padri della Chiesa) presente sotterraneamente in ogni cultura affinché siano naturalmente guidate all’unica Verità che salva. Ecco allora il filosofo e l’arcivescovo convenire sulla problematicità della “società liquida”, priva di ideali per cui battersi e di una concezione definita del soggetto.
L’incontro con Prodi, caratterizzato dal titolo “Europa al bivio?”, assume inevitabilmente connotati più politici. Si parla proprio della “Brexit”: Prodi considera un vulnus al progetto comunitario della UE il solo fatto che si sia giunti a celebrare un referendum. Il card. Scola, che ha molto meno paura di un confronto con l’opinione pubblica, rassicura con le parole di Peguy:
“La situazione di stallo, di instabilità, di inquietudine e di incertezza attraversa tutti, ma l’uomo per sua natura non può disperare e, dunque, bisogna guardare alle cose con speranza, quella che Péguy chiamava la virtù bambina. Per questo per le crisi in atto, da tempo, preferisco utilizzare la categoria del travaglio”.
Se cade la UE come intesa oggi non finisce il “sogno europeo”, mentre continua sempre, per la Chiesa, il dovere di predicare.
La Chiesa è vissuta benissimo sotto altri sistemi politici. I cattolici “progressisti” sono diventati in realtà i veri conservatori, poiché hanno ancorato la loro visione del Cattolicesimo ad elementi transitori, come le forme assunte dalla società europea nei secoli XVIII-XX sotto la spinta del processo rivoluzionario. L’alternativa invece c’è, e la indica la Chiesa stessa nella dottrina sociale.
Michele Brambilla