I fatti si accavallano con frenesia ma ancora tutti abbiamo negli occhi le prime pagine dei giornali con la notizia del sacerdote sgozzato nella parrocchia di Saint-Etienne-du Rouvray, vicino a Rouen.
Cosa è successo?
Un atto terroristico ha colpito il paesino di Saint-Etienne-du Rouvray: un anziano sacerdote, mentre stava celebrando la Santa Messa, è stato ucciso, una suora che vi assisteva è stata gravemente ferita mentre un’altra suora è riuscita a scappare e a dare l’allarme.
La notizia ha fatto il giro del mondo e ha suscitato vero sconcerto. Ormai le notizie televisive ci hanno abituati agli attentati e ai morti ma questa volta c’è stato un passaggio significativo da parte del terrorismo islamico. Sono fermamente convinta che i due attentatori non fossero consapevoli del “salto di qualità” che stavano facendo fare al terrorismo ma il risultato è stato ugualmente ottenuto. Non più persone inermi uccise in un posto casuale ma un sacerdote nel pieno svolgimento del suo officio più sacro, la consacrazione del Corpo e del Sangue del Signore Gesù Cristo oltre a due suore in preghiera.
Anche il mondo islamico ha reagito con dure condanne perché il Corano (22,40) afferma “Se Dio non avesse respinto alcuni uomini per mezzo di altri, i monasteri e le sinagoghe, gli oratori e le moschee dove il nome di Dio è spesso ricordato sarebbero distrutti. Dio soccorrerà chi Lo soccorre, Dio è forte e potente”. Da questo è derivato rispetto verso i luoghi di culto e il divieto di distruggerli appositamente. Inoltre lo stesso Muhammad avrebbe proibito di uccidere monaci, perché persone particolarmente buone e devote. Alcuni però hanno acutamente osservato che una cosa sono i monaci, dediti alla preghiera, una cosa è un sacerdote diocesano, che svolge l’omelia, cioè l’educazione del popolo fedele. In questo caso la tradizione giuridica permette l’attacco e l’uccisione, equiparando il sacerdote a qualsiasi altro infedele e per di più nell’atto di ingannare gli uomini con la falsa religione di Gesù, ma non in chiesa.
A questi fatti è seguita da parte di molto mondo islamico una presa di posizione di netta condanna che si è tradotta anche in gesti simbolici. Venerdì alcuni cattolici sono andati nelle moschee e domenica molti leader musulmani si sono presentati nelle chiese, in Francia e in Italia.
Stupore, solidarietà: sui social e sui giornali sono scattate reazioni contrarie.
I musulmani in chiesa. Lecito? Sacrilego? Inopportuno? Diplomazia?
Alcune considerazioni sul fatto e sul suo significato.
Distinguiamo fra la Chiesa e le chiese.
La Chiesa cattolica, quella con la C maiuscola, è la sposa di Cristo, il corpo mistico di cui Gesù è capo, la comunione dei santi. In essa si entra con il santo battesimo e vi si resta mantenendo la grazia di Dio. In essa i fedeli sono figli di Dio nella comune fratellanza in Cristo che ha permesso ciò con la sua passione, morte e resurrezione. E’ ovvio che chi non è cristiano battezzano non ne può far parte.
La chiesa, con la c minuscola, è il luogo in cui i cristiani si radunano in preghiera, è una realtà aperta a chiunque. Le porte delle chiese sono aperte e nessuno chiede il certificato di battesimo a chi vi entra. Si entra per pregare, per partecipare ad una liturgia, per turismo, per un momento di silenzio…il motivo non viene chiesto a nessuno. Unica cosa che viene richiesta è un comportamento rispettoso perché nelle chiese cattoliche è presente il Ss. Sacramento, è un luogo reso sacro dalla presenza reale del Signore Gesù.
Nel cattolicesimo non esiste il concetto di puro-impuro, nulla contamina un luogo perché Gesù ha detto “Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo” (Mt., 15, 17-20). Puro o impuro è il singolo con le sue intenzioni, con i suoi peccati, non il luogo in cui lui sta o non sta.
Cosa voglio dire? Far entrare dei musulmani in una chiesa non è affatto scandaloso. Nessuno pensa di escludere i turisti buddisti, animisti, indù…che visitano san Pietro ogni anno. Anche assistere ad una funzione liturgica non è proibito a nessuno. Nessun sacerdote, nessun vescovo durante la santa messa si accerta che tra i presenti non vi siano appartenenti ad altre fedi. E direi che questo è sempre capitato nella lunga storia della Chiesa. Forse in Italia era un fenomeno un po’ più raro ma in altri Paesi, con una varietà di religioni maggiore, capitava spesso che un non cristiano presenziasse ad un rito.
Al contrario, le moschee hanno talora delle condizioni diverse. Non sempre, non ovunque, ma in certi paesi gli infedeli non possono entrare. E soprattutto l’infedele non può partecipare alla preghiera. Il contatto con una persona che non è musulmano, che non ha fatto le abluzioni rituali, rende impuro il fedele musulmano proprio nel momento in cui si rivolge ad Allah e questo non è possibile. In alcuni posti i turisti possono entrare ad ore stabilite ma non varcare la zona riservata alla preghiera, in altri non possono entrare mai.
Allora perché tanto clamore?
Perché il gesto non è stato a sufficienza pensato e quindi non è stato spiegato. Non ci sono state direttive per evidenziare cosa si poteva fare e cosa era meglio evitare. Ed ecco che abbiamo visto imam prendere la parola al momento dell’omelia (la predicazione della Parola di Dio è riservata al presbitero), abbiamo visto addirittura un sacerdote distribuire pezzi di pane ai musulmani al momento della comunione per renderli partecipi del rito.
Cosa c’è di male a dare un pezzo di pane, ovviamente non consacrato? In sé nulla, ma si genera una grave confusione. Si da l’impressione che la comunione sia mangiare del pane e non ricevere Nostro Signore Gesù Cristo in tutta la Sua persona, con falso irenismo si vuole far partecipare i musulmani ad un momento che è proprio del cattolicesimo, è l’apice della sacralità della nostra fede. Inoltre non ci si rende conto che la cosa non può piacere neanche ai musulmani. Per loro Gesù, il più grande fra i profeti, non è morto, non è stato crocefisso, è stato nascosto da Allah e tornerà alla fine dei tempi. Parlare di Suo Corpo, di Suo Sangue è fare affermazioni sacrileghe.
Nei momenti di preghiera con altre fedi il criterio generale deve sempre essere il massimo rispetto reciproco, non la commistione. San Giovanni Paolo II, ad Assisi, nel 1986, aveva chiaramente spiegato che incontrarsi e parlare di pace è un dovere, ma che “Il fatto che noi siamo venuti qui non implica alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso tra noi o di negoziare le nostre convinzioni di fede. Né significa che le religioni possono riconciliarsi sul piano di un comune impegno in un progetto terreno che le sorpasserebbe tutte. Né esso è una concessione a un relativismo nelle credenze religiose, perché ogni essere umano deve sinceramente seguire la sua retta coscienza nell’intenzione di cercare e di obbedire alla verità. Il nostro incontro attesta soltanto – questo è il vero significato per le persone del nostro tempo – che nel grande impegno per la pace, l’umanità, nella sua stessa diversità, deve attingere dalle sue più profonde e vivificanti risorse, in cui si forma la propria coscienza e su cui si fonda l’azione di ogni popolo”.
Era necessario invitare i musulmani ad una S. Messa? Forse no, ma è stato simbolico perché durante la Santa Messa il sacerdote era stato sgozzato e gli altri uccisi. Chi ha accettato di presenziare ha fatto un gesto forte verso la propria comunità, ha affermato in modo forte il suo distacco da un certo islam ultra fondamentalista e questo credo sia un gesto apprezzabile.
Ma è stato da parte musulmana condiviso? Credo di no, forse è stato approvato da qualcuno che ha origini cristiane e poi si è convertito all’islam (alcuni rappresentanti del C.O.R.E.I.S. ad esempio presenti a Milano nella persona di Yahya Pallavicini), o da persone con comprovata integrazione. Per la maggioranza ha creato stupore e, forse, sconcerto, esattamente come nel mondo cattolico. Leader musulmani hanno parlato di “modo non adeguato e anzi perfino scorretto” e che, se la solidarietà era doverosa, “molti di noi sono stati in qualche maniera costretti ad esprimerla”.
Dopo questo episodio sono sorte tante domande, sia in casa cattolica che in casa islamica. Alle domande occorre dare risposte, ragionate, riflettute e – in casa cattolica – è anche nostro compito contribuire a fare chiarezza.
Silvia Scaranari