Un po’ in anticipo rispetto al 1 maggio si tiene alla Peg Perego di Arcore la Veglia per il lavoro 2017, celebrazione presieduta dal card. Angelo Scola nell’imminenza della festa di S. Giuseppe lavoratore, istituita da Pio XII nel 1955 allo scopo di interpretare cristianamente la ricorrenza civile da sempre monopolio dei sindacati comunisti.
Si ritorna a parlare di economia e Chiesa anche a causa della recente morte del card. Attilio Nicora, ambrosiano d’origine, inventore del sistema dell’8xmille, che attira da sempre gli strali anticlericali. La domanda ricorrente diventa: quale rapporto si può o si deve instaurare tra la Chiesa e la produzione dei beni materiali?
Il card. Scola precisa che la crisi economica che si trascina dal 2008 evidenzia sempre di più le sue radici culturali. “Nel lavoro vi è di mezzo tutto l’io, così come negli affetti e nel riposo. (…) Il senso dell’individualismo profondo contemporaneo, molto più grave di quello dell’epoca moderna, perché è una sorta di autismo spirituale, (…) porta a incapacità di relazione e di contatto”. L’Età moderna, l’età dello Stato etico, ha preparato questa incultura distruggendo il senso del sacro e dell’integrità della persona umana, ridotta ad alcuni suoi elementi (mangiare, vestire, “godere”, salute fisica), cosicché l’uomo occidentale si è trasformato in un essere ripiegato sulla soddisfazione immediata di pochi stimoli, poiché al resto ci pensa l’apparato burocratico.
Le letture scelte per la serata sono non a caso Geremia 29, che invita Israele a “costruire case, coltivare la terra, procreare” ed il cap. 6 di Marco. L’arcivescovo si sofferma soprattutto su Geremia, poiché vi vede una corrispondenza con l’Italia del XXI secolo: “il profeta è come se dicesse “Basta lamentele”, allora al popolo in esilio, oggi a noi: si pensi solo al gelo demografico del nostro Paese. Infatti noi tutti, e i cristiani in modo particolare, siamo strutturalmente bisognosi di una speranza affidabile e dobbiamo testimoniare che abbiamo ragioni convincenti e adeguate per sperare”.
Nello Stato moderno nulla si fa più gratuitamente e l’assillo è creare costantemente uguaglianza, uno dei principi cardine della Rivoluzione. Il mondo laicista, inoltre, propone unicamente le false alternative del liberalismo radicale e della pianificazione stile URSS. Il card. Scola non teme di dire che bisogna, invece, riscoprire il dono del gesto gratuito e ritornare alla giusta diversità. I cattolici siano “uomini e donne della speranza che vivono il lavoro in senso largo, in un modo che consente di ampliare la ragione economica, facendo spazio alla dimensione del gratuito, concependo le leggi di mercato non come un elemento immodificabile, ma come fatto di cultura, quindi modificabile. Bisogna creare uno stile di scambio che non sia riconducibile solo a parificare i due piatti dello scambio, ma sia luogo di costruzione di una società civile plurale e di comunione cristiana”.
La dottrina della Chiesa, quindi, agisce nelle realtà temporali come seme che dà il giusto valore alle cose, che è poi lo sguardo del Creatore sulle creature, senza dividere anima e corpo. Le scissioni sono tipiche delle ideologie. Nelle critiche che ancora si muovono ai beni della Chiesa e al loro utilizzo si intravede molto pauperismo e gnosticismo di ritorno. Vigilare (il card. Nicora era a capo dell’APSA, l’autorità di vigilanza sullo IOR) è necessario, ma, come dice la saggezza popolare ambrosiana, una Chiesa misera non potrebbe essere davvero povera, cioè assolvere adeguatamente alla sua missione di mostrare un altro modo di vivere, quello del Vangelo.
Michela Brambilla