di Michele Brambilla
In attesa di conoscere il nome del nuovo arcivescovo, il clero discute del direttorio diocesano che, dal 23 giugno (ma pubblicato una settimana dopo), regola la celebrazione delle esequie. Esso tocca infatti direttamente un problema che si sta evidenziando in tutte le parrocchie ambrosiane, la crescita esponenziale delle cremazioni, spesso giustificate con ragioni economiche o con motivazioni di spazio.
La cremazione ha una tradizione lunga in Italia. Cremavano i propri cari Greci e Romani, ma anche i Villanoviani, civiltà primitiva che risiedeva in Emilia, ma non gli Etruschi, i Celti e altri popoli delle valli alpine. Nell’età moderna la cremazione è diventata prerogativa degli atei. I massoni ne fecero un manifesto di pubblica apostasia dalla Chiesa, rifiutando l’insegnamento sulla resurrezione della carne.
Oggi, però, è difficile trovare nella cremazione una dichiarazione ideologica a tutto tondo. Le famiglie sono convinte a procedervi perché i loculi e gli ossari costano meno dell’inumazione a terra delle salme. Tuttavia si stanno diffondendo pure tra i cattolici pratiche superstiziose o ricavate dalle religioni orientali, come la conservazione delle ceneri nelle case, la dispersione in mare o fiumi o, addirittura, la trasformazione in amuleti, segno che bisogna ricominciare dai fondamentali della Fede pure tra chi siede la domenica nei banchi delle chiese.
Il card. Angelo Scola presenta il nuovo direttorio sottolineando proprio l’urgenza di rieducare i fedeli al senso cristiano del morire. “Le sfide poste dalla trasformazione in atto nel mondo contemporaneo esigono ora di maturare nuove scelte che, alla luce della tradizione, sappiano guidare con prudenza l’azione pastorale”. Il credente guarda alla morte con gli occhi di Cristo risorto, nel nome del quale è stato battezzato.
Solo fatto salvo questo presupposto la Chiesa concede, per motivi pratici, la cremazione, tuttavia è altrettanto ferma nel condannare la dispersione delle ceneri e la privatizzazione del lutto. “Occorre in special modo salvaguardare il contatto tra i parenti del defunto e la comunità parrocchiale di appartenenza. Soprattutto in città, questo contatto rischia infatti di venire meno. La parrocchia spesso riceve direttamente dall’Impresa tutte le indicazioni per le Esequie, concordate con l’Amministrazione comunale, senza aver avuto il tempo e la possibilità di un dialogo con i parenti”.
Celebrare il funerale in chiesa e condurre la salma al cimitero tramite una processione non sono solo segni di fede cristiana, ma anche pedagogia. Un tempo le campane scandivano l’agonia e si abbassavano le serrande dei negozi. Spesso lo si fa ancora, specialmente nei paesi. La morte è sempre stata un evento sociale, cioè di tutta la comunità, perché nei riti di commiato l’uomo dice il valore che dà a sé. Nella società dell’immagine, sparito il corpo, sparisce ogni bellezza/importanza, pertanto viene naturale confinare la morte nel segreto.
Persino i funerali diventano quindi, per i cattolici, un momento in cui compiere la nuova evangelizzazione. Aumentano coloro che chiedono i funerali in chiesa per amici o parenti non credenti, per un’inconscia domanda interiore. Pur non consentendo questi casi la completezza del rito funebre, la Chiesa deve sempre essere pronta ad accogliere e ad annunciare il Vangelo anche in quelle particolari circostanze.