Mons. Mario Delpini prepara il suo ingresso come nuovo arcivescovo di Milano con un pellegrinaggio itinerante presso i santuario mariani del territorio ambrosiano. Gesto assai significativo nell’anno del centenario delle apparizioni di Fatima. Fu peraltro lo stesso mons. Delpini ad accogliere in Duomo, lo sorso 13 maggio, la statua della Madonna pellegrina.
La preghiera composta per l’occasione, stampata su appositi “santini”, è una parafrasi del Padre nostro ed indica, ancora una volta, le linee che l’episcopato di mons. Delpini intende assumere, in continuità con l’arcivescovo uscente, il card. Angelo Scola.
“Padre nostro che sei nei cieli, venga il tuo regno: ispira la nostra Chiesa perché, insieme con il suo Vescovo,attenda, invochi, prepari la venuta del tuo Regno. Concedi alla nostra Chiesa di essere libera, lieta, unita, per non ripiegarsi sulle sue paure e sulle sue povertà, e ardere per il desiderio di condividere la gioia del Vangelo”. Emerge qui la dimensione storica nel suo complesso, segnata indelebilmente da Cristo (l’Alfa e l’Omega), all’interno della quale invocare il dono dell’unità di tutta la compagine diocesana (clero, popolo, associazioni, movimenti) per la nuova evangelizzazione, che deve avere presente la regalità di Gesù e di Maria, come auspicato proprio a Fatima.
“Padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà: manifesta anche nella vita e nelle parole della nostra Chiesa e del suo Vescovo il tuo desiderio che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”. La verità quindi esiste, ha un Nome preciso e la Chiesa esiste per annunciarla instancabilmente, poiché conoscerla implica la salvezza eterna. Ordinato sacerdote nel 1975, negli anni della contestazione aperta del Magistero, mons. Delpini ricorda qui che il Cattolicesimo, incontro personale con Cristo nella comunità ecclesiale, possiede anche una dottrina, istruirsi nella quale non è indifferente. In questa strofa prega, quindi, per una riscoperta dell’apostolato culturale sia ad intra che ad extra.
“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome: l’amore che unisce i tuoi discepoli, la sapienza e la fortezza dello Spirito, l’audacia nel costruire un convivere fraterno renda intensa la gioia, coraggioso il cammino, limpida la testimonianza per annunciare che la terra è piena della tua gloria”. La parte che nel Padre nostro “normale” è dedicata al “pane quotidiano” e all’invocazione esorcistica (“ma liberaci dal male”) richiama qui alla “polis” secondo la formula della pluriformità nell’unità. L’invocazione esorcistica si traduce, quindi, nella richiesta di un’assistenza speciale dello Spirito Santo verso i laici cattolici impegnati nei mondi della politica e del lavoro, affinché la loro testimonianza rimanga sempre autentica immagine della dottrina sociale della Chiesa.
Il tutto corredato dall’icona della Pietà Rondanini, opera incompiuta di Michelangelo Buonarroti (1475-1564) conservata nel Castello Sforzesco, ergo nel simbolo laico di Milano. Anche questa scelta iconografica è “parlante”. Nella Pietà Rondanini Maria e il Cristo morto sembrano sostenersi a vicenda, in un abbraccio che unisce profondamente cuori ed intenzioni salvifiche (nel XVI sec. ipotizzavano già una Madonna “corredentrice”?). L’incompiutezza della scultura sprona i fedeli ad operare affinché si possa scolpire quel volto di Cristo sulla società umana.