Domenica 22 aprile si sono intrecciate la Giornata mondiale delle vocazioni (IV domenica di Pasqua, detta “del Buon Pastore” per via degli accenti che la liturgia del giorno riserva a questa similitudine evangelica) e la cosiddetta “Full responsabili”, ovvero un incontro sistematico rivolto ai responsabili degli oratori in vista della preparazione degli animatori al servizio estivo.
Due appuntamenti che richiamano inevitabilmente il Sinodo sulle pastorali giovanile e vocazionale che si terrà ad ottobre in Vaticano. La domanda che sorge spontanea è con quali criteri i giovani delle parrocchie e delle associazioni del territorio ambrosiano vengano preparati alle scelte fondamentali della vita e al servizio quotidiano verso i fratelli.
Una risposta molto forte se la sentono rivolgere i preti milanesi dei primi 5 anni di Messa durante il loro pellegrinaggio annuale, che si è svolto dal 16 al 20 aprile in Ucraina. I confratelli greco-cattolici ucraini, eredi di una lunga lotta contro il totalitarismo comunista, li hanno infatti immediatamente avvertiti che stavano calpestando una terra nella quale “ogni metro di questo suolo parla del sacrificio dei cristiani”, come rimarca con naturalezza pure il vescovo latino di Kiev, mons. Vitaliy Krivitskiy. “Per il popolo ucraino la persecuzione era esperienza abituale fino a qualche decennio fa, così come era naturale nell’esperienza della prima comunità cristiana. E se anche oggi ci perseguitano significa che seguiamo il Signore”.
I giovani cattolici, sacerdoti o meno, sono i più esposti all’influsso pervasivo della mentalità mondana, nella quale spesso sono cresciuti senza neanche accorgersene, o senza che qualcuno abbia loro fornito strumenti adeguati per individuare le distorsioni di cui è portatrice. I martiri di ogni tempo ci ricordano che l’unico criterio dell’agire cristiano è Cristo stesso.
Non è un caso che proprio in questi giorni si avvii, a cura dello stesso curatore di allora, don Giovanni Barbareschi, la ristampa di un testo del 1987, Ribelli per amore, nel quale si raccolgono le testimonianze e le schede biografiche di quei sacerdoti ambrosiani che, durante la Seconda guerra mondiale, hanno messo a rischio la propria vita per difendere e nascondere i perseguitati, a qualunque colore e fede appartenessero, poiché “se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi piuttosto che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At. 4,19-20).
Tra quei nomi si enumerano alcuni che sono già saliti agli onori degli altari, come i beati Carlo Gnocchi (1902-56) e Luigi Monza (1898-1954). Tuttavia, come dice Papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete ed exultate al n. 14, “per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. (…) Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova”, senza compromessi. E’ una misura che è davvero possibile a tutti e rappresenta il cuore dell’educazione che una formatore che voglia dirsi cattolico deve trasmettere.