A maggio del 2015 si apriranno i saloni dell’esposizione universale. L’area che ospiterà l’evento è un turbinio di lavori, gru, operai che lavorano dalla mattina alla sera.
Quasi tutte le nazioni del mondo avranno un loro padiglione in cui svilupperanno il tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Come tutti gli eventi della post-modernità il sottofondo ecologista è la dominante.
La Chiesa ha sempre avuto una posizione definita, originale sulle cosiddette “questioni ambientali”, ma non sembra mai emergere nel panorama culturale.
Ad Adamo è stato affidato il compito di dare un nome alle cose (Genesi 1), che in termini “moderni” significa, pressappoco, scoprire l’essenza della creazione e quindi il senso che il creato ha nel progetto di Dio. Persino dopo la caduta all’uomo è affidato il compito di custode della creazione. A Noè fu dato il compito di salvare due coppie di tutti gli animali, Dio avrebbe potuto decidere altrimenti, ma non lo fece.
Quindi custode, amministratore del podere, non signore incontrastato della creazione. Questa è la posizione cattolica, da sempre. La tendenza di buona parte del mondo cattolico sembra invece quella di allinearsi alla vulgata ambientalista. La preservazione della natura a tutti i costi, indipendentemente se a rimetterci è l’uomo stesso. In realtà la creazione è e deve essere a servizio dell’uomo che custodendola in conformità al progetto originario ne godrà nel presente e la passerà alle generazioni future.
Benedetto XVI ha ben chiarito il punto sia nel messaggio per la XVI giornata per la pace “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” e nell’Enciclica Caritas in Veritate. Papa Francesco ha ribadito il punto più e più volte.
San Francesco e il lupo sono il punto di arrivo non il punto di partenza. Il lupo mediamente non porge la zampa, e lo stesso San Francesco non si ferma a una generica pace in nome della sua autorità nei confronti del lupo, ma “consiglia” i gubbiesi di nutrirlo, di custodirlo.
L’Expo 2015 di Milano può essere davvero l’occasione per evangelizzare, per dire chiaro e forte che l’uomo è il custode, non il signore del creato, ma non è neanche uno dei tanti soggetti che vivono nella natura.
Nella grande confusione culturale che imperversa nella modernità e anche in buona parte del mondo cattolico, quella che potrebbe essere un’occasione di proporre al mondo la vera alternativa al capitalismo selvaggio distruttore del creato o allo statalismo verde/rosso che annichilisce l’uomo riducendolo allo stato di animale, sta assumendo i tratti dell’ennesima proposta ecologista in salsa cattolica, una brutta copia dell’originale. Che fare, dunque?
Il Cardinale Scola nel suo annuale Discorso alla Città ha invocato la nascita di un nuovo umanesimo da proporre alla modernità. Un umanesimo che sappia mettere le fondamenta per una nuova era di pace e di prosperità e che può nascere solo se si custodisce il creato. Occorre uscire da una certa sudditanza culturale e riscoprire la ricchezza della Chiesa che da sempre ha meditato sulla creazione, sia come epifania di Dio, sia come luogo in cui giocare la propria partita della santità. A Milano abbiamo Sant’Ambrogio che ha scritto un bellissimo commento alla Genesi sui primi giorni della creazione. Non credo che sia necessario diventare degli specialisti, ma forse sarebbe sufficiente aprire il magnifico scrigno della Chiesa e lì, per chi volesse cercare, si troverebbero tutte le risposte possibili così da non dover subappaltare a qualche agenzia O.N.U. il proprio desiderio di custodire il creato.