Il pontificale del 27 maggio, domenica di Pentecoste, è stato caratterizzato dall’entrata in ruolo di più di 5000 volontari del VII Incontro mondiale delle famiglie, che con le loro magliette bianche hanno dato un colore magicamente bianco alla navata centrale del Duomo.
Non c’è data migliore del giorno in cui «Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano» (Lettura, At 2,2) per dare il mandato a coloro che s’impegneranno in un evento che testimonierà, a Milano, l’universalità della Chiesa.
Per spiegare la sovrabbondanza dei doni dello Spirito Santo il card. Scola usa una metafora inconsueta, ma in tema con l’Incontro mondiale delle famiglie: “Forse, carissimi fedeli e carissimi volontari del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, per meglio cogliere che cosa significa un dono per gli uomini possiamo rifarci ad un elemento fondamentale dell’esperienza familiare: la nascita di un figlio. Non è forse questo un dono gratuito che eccede persino il gesto di amore dei genitori e irrompe potente con la sua irriducibile singolarità ridefinendo totalmente la vita della famiglia? Così avviene, in misura imparagonabilmente maggiore, con il dono dello Spirito del Padre e del Figlio nella comunità cristiana. Dono che ci rende figli nel Figlio”.
Il giorno di Pentecoste si presta bene anche per rimarcare un altro tema caro all’arcivescovo, la pluriformità nell’unità, di cui sono esempio eclatante i movimenti, dal cui mondo il card. Angelo Scola proviene. “San Paolo, da parte sua, sottolinea lo stesso carattere (pluriformità nell’unità), non tanto riferendolo all’annuncio quanto alla vita della Chiesa. «Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore» (Epistola, 1Cor 12,4-5): un unico Spirito ma nella diversità dei carismi e dei ministeri. La manifestazione dell’unico Spirito ha un solo scopo, l’edificazione della Chiesa nel bene comune (Epistola, 1Cor 12,7) che è lo stesso Cristo Signore. Con insistenza quasi eccessiva l’Apostolo torna continuamente sullo stesso concetto: la ricchezza e la varietà delle manifestazioni (dono della libertà dello Spirito, che le distribuisce a ciascuno come vuole, cf. 1Cor 12,11) non annulla, anzi esalta l’unità”. Il 23 febbraio aveva detto ai migliaia di pellegrini convenuti per la Messa in onore di don Luigi Giussani, prossimo alla beatificazione: “il carisma cattolico che lo Spirito ha dato a Mons. Giussani, che la Chiesa ha universalmente riconosciuto, e di cui decine di migliaia di persone in tutto il mondo possono oggi godere, è fiorito in questa santa Chiesa ambrosiana. L’amore che Mons. Giussani le portava è documentato da mille e mille segni e testimonianze. Per i fedeli di questa diocesi appartenenti al Movimento di Comunione e Liberazione questo dato di fatto costituisce una responsabilità che chiede di essere sempre rinnovata: praticare, nella cordiale assunzione del principio della pluriformità nell’unità, una profonda comunione con tutta la Chiesa diocesana che vive ad immagine della Chiesa universale. Questa comunione è con l’Arcivescovo, con i sacerdoti, con i religiosi e le religiose, con tutte le aggregazioni di fedeli, con tutti i battezzati e con tutti gli abitanti della nostra “terra di mezzo”.
Da qui l’invito a non aver paura di collaborare con la vita pastorale delle parrocchie, che hanno solo da guadagnarci dall’immettere nelle sue strutture il vino buono dei movimenti. “Come ricorda incessantemente Benedetto XVI questo è il tempo della nuova evangelizzazione a cui tutte le realtà ecclesiali debbono concorrere in armoniosa unità”.
Rubrica a cura di Michele Brambilla.