E’ piuttosto deprimente vedere i fratelli nella fede che sottopongono a radiografia ogni gesto e ogni parole di Papa Francesco, per trovare la pagliuzza di evangelica memoria. Nonostante le buone intenzioni l’atteggiamento da “cattolico adulto” è quanto mai sconveniente e soprattutto impedisce di vedere la grandezza di un Pontificato che sta cominciando.
Dai suoi gesti sembra che il regnante Pontefice stia semplicemente togliendo di mezzo tutti gli ostacoli possibili perché l’annuncio della Buona Novella possa diffondersi e nessuno possa opporre “muri” che non hanno ragione d’essere: la modernità ha sviluppato una sensibilità particolare per l’ambiente, e Papa Francesco ci racconta del Creato; la modernità ha conservato e sviluppato nuove povertà, quella materiale, ai confini del mondo, e quella spirituale in occidente (la dittatura del relativismo) e Papa Francesco punta il mirino della Carità sul corpo diplomatico.
Non mi risulta che nel Vangelo ci sia scritto che il Papa debba avere la Croce d’oro, o che debba portare le scarpe rosse, mi risulta invece che la Chieda abbia lanciato la sfida alla modernità. Questa sfida si chiama Nuova Evangelizzazione. Annunciare la Salvezza all’uomo moderno. Cosa serve per farlo? Ecco il Gesuita (Papa Francesco) che percorre la via dell’indifferenza ignaziana, usando tutti i mezzi per annunziare Cristo al mondo di oggi. Senza preferenze, semplicemente guardando allo scopo.
Mi hanno impressionato le parole di Benedetto XVI nei confronti della Lombardia, indicata come il cuore pulsante della fede cattolica, una responsabilità enorme. Ma la Lombardia ha anche una storia tutta sua, ha un suo rito.
La diocesi di Ambrogio si è “conquistata” lo specialissimo status per un motivo: la fedeltà a Pietro. Non certamente al modello liturgico Romano, neanche alle modalità organizzative della curia Romana. No, il Papa ci conferma nella fede, ci fa navigare nelle nebbie del pensiero mostrandoci la verità, ma la barca la governiamo noi, e non potrebbe essere che così. Milano e le sue vicine lande sono state e sono crocevia di popoli, culture, ispirazioni, molto di più di altre parti d’Italia e le contaminazioni hanno “creato” una cultura differente, specifica, particolare, Ambrosiana appunto. Pensate all’unicità nell’Occidente Cristiano del Rito Ambrosiano, persino come si rivolge a Dio, nella Sacra Liturgia, è distinto da Roma, ma fedele, in tutto e per tutto al Vangelo.
Oggi, all’alba del terzo millennio la diocesi di Ambrogio può essere modello di sviluppo della Chiesa universale, un modello che ha saputo integrare l’autorità petrina e la dinamicità ambrosiana senza entrare in un conflitto distruttivo, lasciando a Pietro la libertà di svolgere appieno il suo ministero, e ad Ambrogio la responsabilità di custodire la fede del suo gregge. Ecco che allora capiamo un po’ di più Papa Francesco, Vescovo di Roma, Vicario di Cristo, non re assolutista, ma padre e monarca medioevale che lascia ai suoi figli la responsabilità di declinare nella realtà il suo insegnamento, ordinario e straordinario.
Credo che questa sia la vera sfida che aspetta la Diocesi ambrosiana: essere un modello di sviluppo per l’intero Occidente e, perché no, dell’Oriente Ortodosso, cum Petro e sub Petro.
Viva il Papa, Viva l’Arcivescovo.