Pochi specialisti hanno saputo dare del Sud dei “sudisti” una visione corretta ed equilibrata come ha fatto Eugene D. Genovese (1930-2012), attivista comunista in gioventù, poi studioso progressista, quindi storico conservatore e infine intellettuale convertito al cattolicesimo.
Oriundo siciliano nato a Brooklyn, Genovese si è dato da fare presto nel mondo giovanile comunista americano per poi venirne espulso per motivi disciplinari. Addottoratosi in Storia nel 1959 alla Columbia University di New York, ha insegnato nel Politecnico di Brooklyn dal 1958 al 1963, nella Rutgers University di New Brunswick nel New Jersey dal 1963 al 1967 e quindi nell’Università di Rochester nello Stato di New York dal 1969 al 1986, anno in cui è stato nominato preside della facoltà di Storia di quell’ateneo. Genovese ha insegnato part-time pure al College of William and Mary di Williamsburg in Virginia, al Georgia Institute of Technology di Atlanta, all’Università della Georgia di Athens, alla Emory University di Atlanta, nonché alla Georgia State University sempre di Atlanta.
Già direttore dei periodici Studies on the Left e Marxist Perspectives, durante la Guerra del Vietnam (1960-1975) ha auspicato pubblicamente la vittoria comunista nel Paese asiatico e nel 1978 è diventato il primo accademico dichiaratamente marxista ad assumere la presidenza dell’Organizzazione degli storici statunitensi. Poi qualcosa accadde.
Nel 1969 ha sposato Elizabeth Fox (1941-2007), storica pure lei (legata soprattutto alla Emory University), marxista pure lei, e per di più femminista; anzi, la madrina di tutte le femministe arrabbiate americane. Si conoscevano dai tempi del liceo, e il loro fu un matrimonio ad alta dose d’ideologismo.
Non c’era battaglia che i due non condividevano, estremismo che non promuovevano nelle aule universitarie e per le strade, sempre in due, sempre assieme, Elizabeth nei panni del capo ed Eugene costantemente dietro. Ma sul proprio cammino Elizabeth ha incontrato personaggi come Richard John Neuhuas (1936-2009), ex pastore protestante progressista convertito al conservatorismo (sempre protestante) da molti modelli ispiratori tra cui l’allora cardinale Joseph Ratzinger, quindi convertito finalmente al cattolicesimo nel 1990 e ordinato sacerdote. Con personaggi come don Neuhaus, Elizabeth Fox-Genovese (come ella prese a chiamarsi e a firmarsi dopo le nozze) cambiò prepotentemente vita, gettò finalmente alle ortiche il suo radicalismo, scrisse un libro fantastico, “Feminism Is Not the Story of My Life”: How Today’s Feminist Elite Has Lost Touch with the Real Concerns of Women (Doubleday, New York 1996) divenendo un’apologeta indefessa della famiglia tradizionale e, nel dicembre 2006, un anno dopo essersi fatta finalmente cattolica, riuscì a convertire il suo comunque fedelissimo (da donnaiolo che era) marito al cattolicesimo.
Qualcosa comunque lavorava dentro Eugene da anni. Progressivamente, lentamente, senza salti e con molta fatica, il famoso storico di sinistra era infatti venuto via via liberandosi di molte delle illusioni marxiste che per una vita lo avevano costretto in gabbie interpretative ideologiche mortali, guadagnando posizioni sempre più conservatrici. Cosa lo aveva cambiato? Lo studio serio dei fatti storici, che alla fine lo convinse dell’inadeguatezza dell’interpretazione marxista della realtà; il crollo progressivo del castello di carte dell’ideologia comunista nel mondo; l’esempio dello storico francese ex marxista François Furet (1927-1997); e un rapporto purissimo quanto strano con la dolce Elizabeth, moglie e ideologa pure lei come lui, ma come lui in fase di analogamente lenta quanto inesorabile purificazione.
Genovese è così diventato pienamente conservatore quando si è reso conto che la natura umana e la società descritti e auspicati dai conservatori “sudisti” rendono maggiormente ragione della verità delle cose, aprendo costantemente a una fondamentale dimensione trascendente, la stessa cui anche Genovese, magari inconsciamente, ha anelato. Del resto, molti di quei “sudisti” che Genovese aveva preso a stimare erano cattolici, o dalla culla o per conversione.
In Italia, Genovese è stato pubblicato pochissimo, e quindi è perfettamente sconosciuto. Einaudi nel 1972 e gli Editori Riuniti nel 1977 hanno dato alle stampe L’economia politica della schiavitù: studi sull’economia e la società del Sud schiavista (1967) e Neri d’America (1971), ma la svolta conservatrice dello storico, che ha abbandonato le interpretazioni economicistiche della società “sudista”, ne ha raffreddato gli entusiasmi. Così, i suoi fondamentali Roll, Jordan, Roll: The World the Slaves Made (1974), The World the Slaveholders Made: Two Essays in Interpretation (1988), The Slaveholders’ Dilemma: Freedom and Progess in Southern Conservative Thought, 1820-1860 (1994), The Southern Tradition: The Achievements and Limitations of an American Conservatism (1994), The Southern Front: History and Politics in the Cultural War (1995) e A Consuming Fire: The Fall of the Confederacy in the Mind of the White Christian South (1998) restano pressoché ignoti. Eppure contengono una sontuosa “controstoria” del Sud che è un tributo con pochi pari alla verità delle cose.
Elizabeth se n’è andata prima di Eugene, e all’epoca il quotidiano Il Foglio ha concesso spazio per celebrarne degnamente l’importante memoria. I pochi anni che ha vissuto senza Elizabeth sono serviti a Eugene per compiere l’opera, il cui sigillo è un libro, Miss Betsey: A Memoir of Marriage. del 2008: è la storia del loro matrimonio narrata come una “biografia”, come la storia di un’anima “a due”, la quale, come la vita delle persone, ha un inizio, uno svolgimento imprevedibile e una fine. Quindi un appuntamento altrove.