Una delle figure meno appariscenti e “pubbliche” (nel senso mass-mediatico delle due espressioni), ma certamente più profonde, influenti, significative e determinanti di quella che gli storici del conservatorismo statunitense definiscono “Old Right” postbellica è certamente stato Henry Regnery (1912-1996).
Nato a Hinsdale, nell’Illinois, si diploma in Matematica al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston nel 1934 e in Economia nel 1938 all’Università Harvard di Cambridge, nel Massachusetts. Fra il 1934 e il 1936, studia in Germania, all’Università di Bonn. Ma la sua vera vocazione è quella della scrittura e dell’editoria, ed è con queste che Regnery offre un contributo imprescindibile alla cultura conservatrice certo non solo americana. Nel 1947 fonda la “Henry Regnery Company”, poi divenuta “Regnery”, quindi “Regnery-Gateway” e infine “Regnery Publishing, Inc.”, una divisione dell’“Eagle Publishing”, man mano che l’etichetta si è negli anni spostata da Chicago a South Bend nell’Indiana e da ultimo a Washington. Con essa Regnery pubblica alcune delle pietre miliari del conservatorismo nordamericano, fra cui senz’altro God and Man at Yale (1951) di William F. Buckley Jr. (1925-2008) e The Conservative Mind: From Burke to Santayana (1953) di Russell Kirk (1918-1994), oltre a opere importantissime di James Burnham (1905-1987), John Dos Passos (1896-1970), Wilmoore Kendall (1909-1968), James Jackson Kilpatrick (1920-2010), Frank S. Meyer (1909-1972), Felix Morley (1894-1982), Albert J. Nock (1870-1945), Eliseo Vivas (1901-1993) e Richard M. Weaver (1910-1963), ovvero la crème della “vecchia guardia” del conservatorismo classico, ma anche testi di autori europei di prima grandezza. Il suo fiuto (peraltro “isolazionista”) di talent scout ha infatti il merito storico di aver fatto conoscere all’America Settentrionale rigorosamente monolingue autori come Konrad Adenauer (1876-1967), Raymond Aron (1905-1983), Max Picard (1888-1965), Ernst Jünger (1895-1998), Wilhelm Röpke (1899-1966) ed Eric Voegelin (1901-1985), e di aver dato spazio a firme come quelle di Roy Campbell (1901-1957), Ezra Pound (1885-1972) e Wyndham Lewis (1882-1957).
È però alla coraggiosa pubblicazione di testi controcorrente sulla Seconda guerra mondiale (1939-1945) e sul socialcomunismo che Regnery deve la propria fama: per esempio, le opere di Charles C. Tansill (1890-1964), George N. Crocker (1906-1970) e William Henry Chamberlin (1897-1969), nonché l’imprescindibile Witness (1952) di Whittaker Chambers (1901-1961), ovvero una “testimonianza partecipativa” dell’infiltrazione comunista nelle massime sfere della politica statunitense. All’entusiastico sostegno di Regnery si deve inoltre la realizzazione del progetto elaborato dallo storico delle idee Russell Kirk per dare vita a un periodico culturale che fosse ricettacolo e veicolo delle idee della Destra tradizionalista. La pubblicazione, a cadenza trimestrale, che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi The Conservative Review, esce per la prima volta nel 1957 con il titolo (non esente da ironia) Modern Age: oggi Modern Age: A Quarterly Review è considerato il miglior periodico della Destra culturale statunitense.
La felicità compositiva di Regnery ‒ grande amante di Wolfgang Johann Goethe (1749-1832) e della musica classica (suonava il violoncello) ‒ è testimoniata dai suoi libri, a cominciare dall’autobiografia Memoirs of a Dissident Publisher (1979) per arrivare a The Cliff Dwellers: The History of a Chicago Institution (1990) e Creative Chicago: From the Chap-Book to the University (con una introduzione di Joseph Epstein, 1993), nonché dalle due raccolte postume di saggi, una del 1996, A Few Reasonable World: Selected Writings (con una introduzione di George A. Panichas [1930-2010]) e l’altra del 1999, Perfect Sowing (a cura e con una introduzione di Jeffrey O. Nelson).
I libri di Regnery rappresentano esattamente quei “libri di libri” di cui parlava lo scrittore argentino Jorge Louis Borges (1899-1986) e anche “libri di scrittori”, fitti come sono di pagine ricolme di ricordi, bozzetti, ritratti e profili inanellati in maniera affatto intellettualisticamente erudita (come a dar sfoggio di un sapere enciclopedico fine a se stesso), ma sempre precisamente riferiti a un contesto, a una situazione e soprattutto a persone incontrate, per esempio Winston Churchill (1874-1965), Hermann Schnitzler (1905-1976), Richard Strauss (1864-1949), Thomas Stearns Eliot (1888-1965), Pound, Wyndham Lewis, George F. Kennan (1904-2005) e Aleksandr I. Solzenicyn (1918-2008). Con i preziosissimi ricordi raccolti nei libri di Regnery, gli storici della mentalità e del costume hanno a disposizione un fecondissimo archivio con cui ricostruire — attraverso le testimonianze impagabili offerte da uno dei suoi maggiori protagonisti — la temperie culturale, la visione del mondo e l’autocoscienza di un movimento di pensiero importantissimo.
Uomo del Midwest ‒ di cui conservava e coltivava tutte le caratteristiche umane e culturali ‒, Regnery non fu cattolico. Ma si segnalò come grande editore di opere cattoliche, convinto com’era del debito di civiltà che l’Occidente tutto deve alla Chiesa universale di Roma. Fece tradurre e pubblicare Louis Bouyer (1913-2004), Paul Claudel (1868-1955), Jean Daniélou (1905-1974), Gertrud von Le Fort (1876-1971), Gabriel Marcel (1889-1973), Edith Stein (1891-1942), opere di santi e di Padri della Chiesa, e perfino otto volumi di Romano Guardini (1885-1968) ‒ fra cui Il Signore (1937) ‒ e tre di san Tommaso d’Aquino. Insomma, un vero dissidente della Modernità.
Marco Respinti