Pubblichiamo la notizia riportata da Avvenire di sabato 23 aprile 2016 circa la scomparsa del Vescovo cinese Tommaso Zeng Jingmu.
La Sala stampa della Santa Sede ha confermato ieri la scomparsa del vescovo cinese Tommaso Zeng Jingmu, tra i pastori più longevi della Chiesa cinese e tra quelli più perseguitati per la sua fedeltà a Roma e al Papa. La sua morte, avvenuta secondo diverse fonti il 2 aprile all’età di 96 anni come conseguenza dei traumi al capo riportati per una caduta accidentale, priva la cattolicità “non ufficiale” cinese di un pastore ma ancor più di un esempio di straordinaria forza.
Come ha riferito ieri la Radio Vaticana, monsignor Zeng Mons. Zeng «è stato uno strenuo difensore della dottrina cattolica e un coraggioso testimone della fedeltà alla Chiesa, a costo di grandi sacrifici: fu arrestato numerose volte e trascorse circa trent’anni della sua vita in detenzione. Il suo amore a Cristo, alla Chiesa e al Santo Padre è stato di grande esempio per molti». L’Osservatore Romano aggiunge che «i funerali sono stati celebratiil 6 aprile, presso la casa natale, dal nipote del presule, il reverendo Zeng Zhongliang, della diocesi di Yujiang, insieme con una ventina di sacerdoti concelebranti».
I «sacrifici» di Zeng Jingmu sono stati davvero impressionanti: pressioni, minacce, fino alla detenzione per diversi periodi, fino a un totale di trent’anni.
Responsabile della diocesi di Yujiang, negli anni Ottanta conferita dalle autorità nell’unica diocesi “ufficiale” di Nanchang con altre quattro della provincia sudorientale di Jiangxi, dalla sua ordinazione monsignor Zeng ha guidato con le abituali difficoltà e limitazioni i suoi fedeli sotto la minaccia di interventi delle autorità preposte al controllo delle attività dei cattolici e con forti limitazioni anche agli spostamenti e agli incontri. Sotto la sua guida, tuttavia, la diocesi ha mantenuto una presenza di cattolici che rifiutano il controllo governativo (si stima 15mila) e sacerdoti non riconosciuti dal governo.
Prima dei funerali il governo ha concesso quattro giorni di esposizione della salma nella sede episcopale, la metà di quelli chiesti dai fedeli. Nato nel 1920 e ordinato sacerdote nel 1949, Zeng Jingmu era stato consacrato vescovo segretamente nel 1990 dopo avere già trascorso 23 anni in prigione, in particolare durante la Rivoluzione culturale (1966-1976.). Sua “colpa” principale quella di non avere voluto aderire all’Associazione patriottica del cattolici cinesi, organismo che ha il ruolo di “ponte” tra l’Ufficio per gli Affari religiosi governativo e la cattolicità cinese, strumento di controllo sulle iniziative religiose. Entrato nel 2000 nei Domenicani, il vescovo si era ritirato dall’attività pastorale nel 2012, ormai ultranovantenne.
Una figura esemplare, anche per questo particolarmente amata dai fedeli locali. Come ricordato da una laica cattolica a AsiaNews,monsignor Zeng è stato «un vero testimone di Cristo per tutta la sua vita» che impressionava «per la sua fede e spiritualità». Un personaggio che è stato elemento non di divisione ma di unità nella Chiesa dello Jianxi, che con la sua scomparsa perde una personalità di rilievo per capacità e convinzione di fede, ma anche un testimone della sua storiatormentata. Una storia ancora aperta, dato che il suo successore, monsignor Peng Weizhao, ordinato a inizio 2014, è stato arrestato nel maggio dello stesso anno e rilasciato dopo sei mesi, e che dai funerali di monsignor Zeng si troverebbe sotto sorveglianza della polizia.
A lungo osteggiato dal regime, è stato «strenuo difensore della dottrina cattolica. Il suo amore a Cristo è stato di grande esempio». Non aveva aderito all’Associazione patriottica. Anche il suo successore soggetto a limitazioni della libertà.