Care amiche, cari amici
Capodanno è una buona occasione per riflettere sull’anno trascorso esaminandone seppure molto brevemente i principali accadimenti.
L’anno si è chiuso con un nuovo scritto di Eugenio Scalfari a proposito della passata celebre conversazione con papa Francesco poi diventata un libro. Questa volta però il “principe” dei giornalisti italiani ha dato l’impressione di essere stato colto con le dita nella marmellata. Infatti, nella suo lungo articolo pubblicato su Repubblica ha ricordato come l’attuale pontefice avrebbe canonizzato sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), il fondatore della Compagnia di Gesù, l’ordine religioso cui appartiene lo stesso Papa. Peccato che Ignazio è stato canonizzato qualche giorno fa, nel 1622. Per rimediare il fondatore di Repubblica ha scritto che intendeva la parola canonizzazione in senso lato, nel senso che il Papa volesse promuoverlo indicandolo come modello, ma la toppa è risultata più brutta del buco. Tutti infatti hanno capito che Scalfari ha confuso Ignazio con Pietro Favre (1506-1546), il primo sacerdote della Compagnia, che il Papa ha dichiarato santo il 17 dicembre scorso.
Tuttavia, questa caduta clamorosa non è la cosa peggiore dell’intervento di Scalfari. Egli infatti scrive come se niente fosse che Papa Francesco avrebbe di fatto abolito il peccato. Sembrava uno scherzo appena lo lessi, ma è proprio scritto così.
Ci si può chiedere perché il fondatore di Repubblica si avventuri in settori dove non ha nessuna competenza e perché non si faccia correggere gli articoli prima di pubblicarli da qualche persona di media cultura.
Basterebbe leggere due discorsi di papa Francesco per rendersi conto dell’importanza che attribuisce al peccato. Del resto che senso avrebbe la misericordia se non ci fosse il peccato da perdonare?
Tuttavia non vorrei concludere un anno e cominciarne un altro rimanendo su questo punto, tutto sommato secondario. Quello che vorrei indicare all’attenzione degli amici che leggono Comunità ambrosiana è invece il passaggio da Benedetto XVI e papa Francesco avvenuto nei primi mesi del 2013. E invitarli a leggere Francesco con la stessa attenzione piena d’amore con cui si leggeva il predecessore e anche Giovanni Paolo II, che il 27 aprile verrà canonizzato.
In particolare leggete e fate leggere, organizzate delle presentazioni se possibile nelle vostre parrocchie o movimenti, di quel testo guida per l’apostolato che è la recente esortazione apostolica Evangelii gaudium, di papa Francesco. Un testo che ci aiuta a comprendere il principale messaggio che il regnante Pontefice ci sta trasmettendo, ossia quello che dobbiamo mettere come prima intenzione la trasformazione missionaria della Chiesa, come recita testualmente l’esortazione apostolica. Una intenzione che non è nuova, che risale esplicitamente all’altra esortazione, l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI del 1975, e si nutre di tutto lo straordinario magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, in particolare sul tema della nuova evangelizzazione.
Ma se è facile a persone attente incontrare la continuità del magistero, meno facile è fare comprendere che i diversi stili dei pontefici hanno sempre accompagnato la storia della Chiesa. Pensiamo solo alle differenze psicologiche e culturali esistenti fra Leone XIII e san Pio X o fra Pio XII e il prossimo santo Giovanni XXIII. Eppure la Chiesa non è soltanto sopravvissuta ma ha continuato a svolgere la sua missione, con stili e indicazioni diverse.
Allora che cosa deve fare il cattolico? Ringraziare Dio di avere la guida di Pietro, custode e garante dell’unità, e seguirlo, obbedendo con il cuore lieto, proprio come indicava ai gesuiti “padre maestro” Ignazio. E così assumere ovunque e comunque l’atteggiamento missionario che il Papa ci chiede, uscendo da noi stessi per andare verso le periferie esistenziali, cioè verso coloro che sono senza Cristo, per trasformare i nemici in amici, gli indifferenti in militanti. Questa è la regalità di Cristo, anche sulla società.
Scrivo queste parole a Nazareth, nell’ambito di un pellegrinaggio organizzato da Alleanza Cattolica per Capodanno. Mentre scrivo ascolto il muezin che richiama i fedeli musulmani alla preghiera, e intanto penso al fatto che questo avviene a pochi metri dalla Basilica dell’Annunciazione, dove ha avuto inizio la Redenzione degli uomini. Quanto apostolato rimane ancora da fare.
Marco Invernizzi