Segnaliamo l’articolo di Luca Piacentini, apparso su L’informatore del 19 marzo 2015.
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«Breve», «immediato», «facile». Accostati alle tre leggi sul divorzio discusse in Parlamento, questi tre aggettivi sembrano richiamare una dimensione positiva. In realtà, quanto più rimandano alla semplicità della procedura, tanto più nascondono la durezza dell’attacco alla famiglia, «depotenziata» e indebolita in modo «preoccupante», come sottolinea l’avvocato Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani. Nelle ultime ore il legale ha preso parte all’ennesima battaglia al fianco del Comitato “Sì alla famiglia”.
«Pochi giorni fa siamo riusciti ad evitare la adozioni da parte dei single – spiega il legale – Nelle ultime ore abbiamo ripetuto l’azione scongiurando il divorzio immediato». Un fuoco di fila culturale e giuridico sotto forma di lettere indirizzate ai senatori. «Il divorzio immediato, in caso di assenza di figli minori, avrebbe consentito di saltare il periodo di separazione».
«POCHI SENATORI HANNO A CUORE LA FAMIGLIA»
Purtroppo è stato comunque approvato il divorzio breve. «Il testo dovrà tornare alla Camera – spiega – Attualmente prevede la possibilità di divorziare dopo un anno di separazione giudiziale (contro i tre di oggi) o dopo sei mesi, se la separazione è consensuale o iniziata giudizialmente e terminata consensualmente». Insomma: si tratta di una vittoria a metà, come ammette lo stesso Cerrelli. Se infatti da un lato l’emendamento sul divorzio “istantaneo” – il pericolo maggiore – è stato bocciato, dall’altro la stragrande maggioranza dei senatori ha dimostrato comunque, con il proprio voto, di approvare il divorzio. «Prendo atto – si rammarica il giurista – che è stato votato con 228 a favore, 11 contrari e 11 astenuti: questo dato è preoccupante, perché significa che solo 11 senatori hanno a cuore il bene dell’istituto famigliare».
Un giudizio negativo sulla politica italiana, che sembra lontana dai valori fondanti del paese. «Il depotenziamento della famiglia passa anche da queste leggi – chiosa Cerrelli – che ne stanno gradualmente svuotando gli elementi essenziali. La riduzione del tempo di separazione banalizza l’istituto matrimoniale. Non solo: la separazione “veloce” e il divorzio “breve” incentivano l’irresponsabilità di chi vuole sposarsi. Si è consapevoli del fatto che dopo un anno si può chiudere il rapporto. Prima del 1970, quando il divorzio fu introdotto in Italia, il matrimonio era per tutta la vita. Una volta ammesso il divorzio e in seguito, nel 1987, accorciati da tre a cinque gli anni di separazione, si è gradualmente diffusa una mentalità divorzista: se moglie o marito non mi stanno bene, posso cambiarli».
LA BASI GIURIDICHE CONTRO IL DIVORZIO
Quali sono le basi le giuridiche per contestare il divorzio? «Il matrimonio è naturalmente un istituto indissolubile – spiega Cerrelli – Il fine sociale è dare ordine alle generazioni, fornire alla società maggiore forza e stabilità. La famiglia fondata sul matrimonio è la base della struttura sociale. Con il divorzio è come se si privatizzasse la famiglia. Mi ha fatto impressione, anche se non erano concetti nuovi, la relazione della senatrice Puglisi (Pd). Fino a prima del divorzio, era la riflessione della parlamentare, uno stato invadente controllava l’istituto famigliare. Oggi invece si tende a privatizzarlo: ognuno sceglie ciò che vuole e la famiglia che preferisce».
Ma qui sta la fragilità dell’argomento, secondo l’avvocato: «Si esalta l’autodeterminazione basandola però sulle emozioni: se un giorno sento che non mi va più bene il partner, lo sostituisco con un altro. La conseguenza è che l’istituto del matrimonio diventa una sorta di porta girevole a disposizione di capricci e sentimenti. Oltre alla banalizzazione, essendo il matrimonio la prima cellula della società, rendendo meno pubblico questo istituto e privatizzandolo è come si pretendesse di costruire una casa con fondamenta elastiche o evitando di mettere il ferro nei muri portanti». Se la definizione di famiglia è lasciata all’autodeterminazione dei singoli, è l’intera società a risentirne: «Finora lo stato italiano ha riconosciuto l’importanza di questo istituto per la tenuta della società: la tutela che dà, dipende dall’interesse pubblico che rappresenta».
IN ARRIVO IL DIVORZIO “IMMEDIATO”
Ma la pressione sulla famiglia naturale non si allenta. Passato il divorzio “breve”, molti politici sono pronti a tornare alla carica tentando di aprire una corsia preferenziale per il divorzio “immediato”. «Purtroppo i senatori hanno promesso che proporranno quanto prima un disegno di legge per il divorzio immediato». Non è finita. «C’è anche il divorzio “facile” – ricorda Cerrelli – che consente la negoziazione assistita tramite avvocati. Si può decidere di non andare più dal presidente del Tribunale, e questa è l’ennesima banalizzazione del problema».
Nell’economia del giudizio di separazione, non a caso l’ordinamento prevede che il tentativo di conciliazione avvenga davanti ad una figura autorevole come il magistrato che presiede il Tribunale, perché la fine di un matrimonio non è un fatto secondario. «Ora invece si dà la possibilità di rivolgersi agli avvocati, uno per parte: i legali preparano il ricorso e avviano una negoziazione assistita senza contenzioso. C’è addirittura una versione della separazione che consente di andare dal sindaco, in quanto ufficiale di stato civile».
La conseguenze laceranti della rottura di un matrimonio sono un fardello che pesa anzitutto sui figli, i soggetti più deboli nella situazione. «Ci si lamenta spesso del fatto che il matrimonio diventa una gabbia intollerabile. Purtroppo però questo atteggiamento è il frutto dell’esaltazione del benessere».
«MANCA IL SENSO DEL PECCATO»
L’avvocato si spinge oltre il linguaggio strettamente giuridico e si serve della metafora cristiana: «Portare la croce non è più di moda. Tutto è lecito. Lo dico sempre, proprio perché politicamente scorretto: oggi non c’è più il senso del peccato». Si guarda al benessere dei coniugi e non a quello dei figli, che più di tutti che subiscono l’instabilità. D’altronde, argomenta il giurista, la storia dei primi quarant’anni di divorzio in Italia sta dando i primi frutti: «La società è sempre più liquida: famiglie allargate, figli con numerosi ma deboli punti di riferimento, come potevano essere invece un solo padre, la madre e i nonni nella famiglia tradizionale. Questa assenza di guida in molti giovani provoca difficoltà nella costruzione dell’identità personale».
«E’ difficile sostenere che le famiglie allargate siano un beneficio per il bambino. Si dice: il figlio è contento se non vede più i genitori litigare. Certo, rispondo, ma è ancora più contento se vede che il padre e la madre non rinunciano a stare insieme. La separazione è una ferita indelebile, i cui traumi si ripercuotono per tutta la vita e non si sa quando possono riaffiorare. Non a caso chi è figlio di separati tende a reiterare il comportamento dei genitori».
La posizione dell’avvocato è controcorrente. L’opinione pubblica è orientata a separazioni facili e divorzi ultra rapidi. Il contesto in cui il Comitato “Sì alla famiglia” e i Giuristi cattolici portano avanti le proprie convinzioni è assolutamente ostile. «Questa ostilità dipende da una mentalità secolarizzata che ha perso di vista la verità delle cose, il bello, il vero, il giusto. Più il matrimonio si indebolisce, più la società ne risente. La famiglia è l’agente welfare più importante, con ricadute positive sull’economia e la società. L’annuncio di Renzi sulla prossima approvazione delle unioni civili e delle famiglie omosessuali purtroppo rientra in questo itinerario di depotenziamento della famiglia».
IL FALSO MITO ILLUMINISTA DEL PROGRESSO
La riflessione coinvolge le radici culturali. «Dobbiamo chiederci qual è il senso di quello che sta avvenendo: ci rendiamo conto che si indebolisce la società? Io credo che la nostra non sia una battaglia di retroguardia, perché la storia non va secondo il mito illuminista del progresso lineare, di cui dovremmo prendere atto. Credo che le battaglie, e quindi la storia, la facciano gli uomini e le donne, vincendone alcune e cercando di cambiare corso degli eventi».
«Molti cattolici o persone di buona volontà si scoraggiano, presi da una sorta di disperazione storica, per cui non val la pena di combattere. E’ la mondanità spirituale di cui parla Papa Francesco, che è figlia del demonio. Non dobbiamo scoraggiarci ma proseguire nella mobilitazione. Ciò per cui combattiamo, la difesa della famiglia, è un bene».
«La battaglia non è a tutela della libertà di tante persone che si percepiscono in gabbia nella famiglia e devono avere il diritto di divorziare. No: dobbiamo anzitutto tutelare un istituto cruciale per la vita sociale. Le persone possono scegliere di sposarsi oppure no, ma l’istituto deve avere una sua stabilità in quanto fondante. Se il matrimonio è una gabbia, forse è anche colpa del modo di rapportarsi ad esso, basandolo prevalentemente su emozioni o aspetti superficiali della personalità del partner. Se si confondono i gusti con i valori, è facile che un matrimonio possa non funzionare. La base per stare insieme sono valori, che la nostra società relativista pretende di cancellare. Correnti culturali e politiche la rendono sempre più fragile e destrutturata.
«Mettendo l’accento sugli elementi più superficiali del rapporto, si perdono di vista le basi valoriali comuni e fondanti, come l’aspetto religioso. La crisi spirituale – conclude Cerrelli – è una delle ragioni della crisi: senza Dio tutto è possibile, ciascuno si fa la propria». E sceglie il divorzio che preferisce: «breve», «immediato» o «facile».
Luca Piacentini