I cieli narrano la gloria di Dio
“Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo […]. La loro bellezza è come un inno di lode” (S. Agostino). Anche quando diciamo di ammirare qualcosa, troppo spesso ci accontentiamo di un godimento frettoloso, rischiando di perdere il meglio di ciò che il mondo ci riserva.
Come il godimento puramente turistico di una bella cattedrale limitandosi a fotografarla, come un fiore strappato prima ancora di gustarne il profumo o il fugace apprezzamento su una bella donna, ma senza volerla realmente conoscere. Se avessimo più tempo per lasciare che il piacere momentaneo ceda il posto allo stupore, ci accorgeremmo che in ogni creatura ci sono le impronte della Santissima Trinità.
L’esperienza estetica può diventare preghiera nella misura in cui sappiamo interrogare le mille bellezze che incontriamo quotidianamente. Siamo abituati ad associare la preghiera soltanto alla vita consacrata, o ai pochi spazi “consacrati” della vita ordinaria, dimenticando che lo stesso universo, dal tramonto alle foglie, ai fiori, all’eleganza, alle opere e alle istituzioni umane, è riflesso della gloria di Dio. In tal senso Plinio Corrêa de Oliveira parla di “contemplazione sacrale dell’universo”. Basta sapersi fermare e interrogare le cose, per risalire sempre più in alto, in una continua sete di trascendenza che dalla bellezza del mondo e delle creature salga sempre più in alto fino alla Fonte della Bellezza.
Lo stupore permette a ciascuno di innalzare il proprio Cantico delle Creature di fronte alle mille scintille di bellezza che costellano la vita quotidiana: “La ricerca dell’assoluto valuta, nei più svariati esseri relativi, ciò che li trascende. In un panorama, in un castello, in una pianta, in una pietra o persino […] in un boccale di birra….come pure in un fagiano, in un albero di ipê, in un’ametista, in un palazzo, in una poesia, in un personaggio storico e via dicendo. […] Se faremo così, quando ci presenteremo dinanzi a Lui avremo l’anima assetata della Sua contemplazione” (Plinio Corrêa de Oliveira). La contemplazione sacrale dell’universo viene infine accolta dalla liturgia, che nei cantici e salmi laudativi chiama a raccolta tutto il cosmo: “monti e voi tutte colline, alberi da frutto e tutti voi, cedri”, “i giovani e le fanciulle, i vecchi insieme ai bambini, lodino il nome del Signore” (salmo 148).
Beato chi abita nella tua casa
Se i cieli e la terra e tutto ciò che ci circonda possono schiudere tanta bellezza è naturale – anzi soprannaturale – che nella preghiera ci attende la superiore bellezza dei cieli nuovi e terra nuova, permettendoci di varcare le soglie di quella Gerusalemme celeste “pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,1-2). Nella preghiera e nella liturgia riviviamo misteriosamente, ma realmente, quello che accade a Frodo mentre si aggira nella dimora di Elrond: “pareva quasi che le parole prendessero corpo e gli rivelassero visioni di terre lontane e cose luminose che non aveva mai in vita sua immaginate; e il salone illuminato dal fuoco non fu più che una nebbia dorata su mari di schiuma che sospiravano ai margini del mondo” (J.R.R.Tolkien).
Come Frodo nella casa di Elrond, anche a noi – figli di Dio – è dato di aggirarci negli atri della casa del Signore, dove le parole, gli inni, i salmi prendono Corpo – e Sangue! Se solo per un attimo avremo avuto la grazia di (pre)gustare questa realtà, anche dal nostro cuore traboccherà l’esclamazione del salmista: “Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti!” (Sal 84,1). Per un cuore innamorato delle Sue dimore, tutto ciò che concorre allo splendore della liturgia non è affatto un’aggiunta o una sovrastruttura, anzi ne è parte essenziale poiché non fa altro che renderne visibile la gloria. Lo stesso Dio si serve di un linguaggio inequivocabilmente liturgico per descrivere le “cose ultime” che ci attendono nell’Apocalisse, in cui non mancano altari, candelieri, incenso, paramenti e tutto culmina nel gesto – anch’esso liturgico – del prostrarsi al cospetto dell’Agnello immolato.
Nella Sua casa infatti si osservano le “buone maniere”, cioè quell’estetica dei comportamenti che è il cerimoniale. Anche noi immersi in una società a-rituale, che in nome dello spontaneismo e del livellamento ha rigettato gli antichi rituali finendo poi per inventarne altri, restiamo però ammutoliti di fronte al cerimoniale della corte celeste che la liturgia terrena ci permette di intravedere. Come restare indifferenti di fronte alla grazia di quella schiera di dame e cavalieri – cioè le vergini, i martiri, gli angeli e gli arcangeli, i patriarchi, i profeti, i confessori, tutti i santi e le sante – che con gioiosa solennità circondano il Re e la Regina? Sembra di vivere una fiaba, ma quella fiaba è vera ed è il nostro destino eterno.
La Madre del Bell’Amore
Non dimentichiamo che al centro del celeste corteo c’è Colui che è il più bello tra i figli dell’uomo (sal 44,3) e Sua madre, la più bella tra tutte le donne (Ct 5,9). Nelle chiese a Lei dedicate, nelle opere d’arte, nel culto, la bellezza eterna di Cristo non vuole fare a meno di manifestarsi attraverso la bellezza di Maria. Come nelle cattedrali gotiche, dove le navate slanciate verso l’alto ci parlano della Sua grazia e le vetrate irradiano la Sua luce. “Se consideriamo – osserva Correa de Oliveira – tutte le persone buone che vi furono sulla terra e che ci saranno sino alla fine del mondo, Ella possiede la forma di santità di ognuna di queste persone. E la possiede in un modo inimmaginabile ed eccelso”.
Maria è la sintesi della santità, della bontà e della bellezza di tutte le cose e gli esseri creati, e ancora di più. La Chiesa celebra la bellezza di Maria con una apposita liturgia, benché poco conosciuta, invocandola come Madre del Bell’Amore, guida sicura affinché “ci innamoriamo della bellezza incorruttibile” e “giungiamo alla fonte dell’eterna bellezza e del santo amore” (orazione Colletta). Nel Prefazio la contempliamo bella nella concezione immacolata e nel parto verginale, persino “Bella nella passione del Cristo,/ imporporata dal suo sangue, /come mite agnella unita al sacrificio del mitissimo agnello” e infine “Bella nella risurrezione del Signore / con il quale regna gloriosa / partecipe del Suo trionfo”.
Infatti, come recita l’antifona di comunione, “Non c’è su tutta la terra una creatura simile a Lei, per la bellezza del Suo volto e la saggezza delle Sue parole”. Possiamo così concludere questo piccolo itinerario che dall’universo ci ha condotto fino alla Regina dell’Universo riprendendo, con un’aggiunta libera ma non arbitraria, la citazione iniziale di S.Agostino: “Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo”, interroga tutte queste cose…e troverai Maria.