Hanno fatto molto scalpore le parole pronunciate settimana scorsa dall’on. Stefano Fassina, intervenuto a Roma al convegno promosso da Confcommercio sul tema “Tasse … le cambiamo?”. Commentando il balzo record che ha portato la pressione fiscale nel nostro paese al 54%, dopo avere affermato che “esiste una connessione stretta tra pressione fiscale, spesa ed evasione”, il Viceministro dell’Economia ha aggiunto che “senza ambiguità nel voler contrastare l’evasione, ci sono ragioni profonde che spingono molti soggetti verso comportamenti di cui farebbero a meno”, per arrivare infine a constatare che “esiste, accanto a un’evasione indotta da avidità e mancanza di senso civico, anche un’evasione fiscale di sopravvivenza”.
Lo stupore per delle affermazioni che, tutto sommato, rimandano al buon senso, è dovuto al fatto che infrangono un dogma: quello che l’evasione fiscale, oltre ad essere la principale (se non l’’unica) causa del livello insopportabile raggiunto dalle tasse nel nostro paese, costituisca anche un comportamento, sempre e comunque, gravemente illecito. Un dogma non solo del tradizionale statalismo della sinistra nostrana, come testimoniano le immediate reazioni del segretario della CGIL Susanna Camusso e del PD Guglielmo Epifani, ma anche di certa morale cattolica che, intanto che auspica aperture nei confronti di temi sensibili come la contraccezione e l’omofobia, propugna l’inserimento tra gli atti gravemente illeciti il mancato pagamento delle imposte, a fianco della mancata raccolta differenziata dei rifiuti e l’induzione al fumo passivo.
Le affermazioni dell’on. Fassina, stupefacenti in quanto provenienti da uno dei massimi esponenti del PD, richiamano degli assunti della dottrina sociale cattolica che è importante ricordare. Primo fra tutti che il diritto dello Stato a riscuotere le tasse, cui corrisponde il dovere di ciascuno di pagarle in ragione delle proprie possibilità, non è un diritto illimitato. Trova infatti dei limiti oggettivi nella capacità contributiva del cittadino, che non può essere “spremuto” all’infinito, e nella legittimità dell’uso che fa del denaro raccolto. Laddove la voracità dello Stato impedisce oggettivamente alle persone e alle famiglie di fare fronte ai propri bisogni indispensabili, questi sono lecitamente indotti a quelle forme di “evasione di sopravvivenza” cui ha fatto riferimento il Viceministro dell’Economia. Analogamente, l’uso illecito da parte dello Stato del denaro pubblico, laddove questo alimenta sprechi e ruberie, oppure finanzia attività gravemente immorali se non esplicitamente delittuose – come nel caso dell’aborto volontario – non fa che fornire ulteriore supporto a chi ritiene di potersi sottrarre a quello che, in condizioni normali, rappresenta un dovere civico. A tale proposito vale la pena di ricordare che anche lo Sceriffo di Nottingham riscuoteva le tasse per conto del Principe Giovanni, mentre Robin Hood favoriva l’evasione fiscale, senza che però il primo fosse modello di legittimità ed il secondo di riprovazione.