Care amiche, cari amici,
Lunedì 29 luglio comincia una settimana ricca di svolte non definitive ma importanti per la situazione italiana. Occupiamoci di quella che ci sta più a cuore, ossia l’esito dell’iter legislativo della legge sull’omofobia. Non è ancora sicuro che la votazione venga rimandata a settembre, dopo la pausa estiva. Dipenderà da diversi fattori.
In questi ultimi giorni si sono manifestate alcune reazioni. Anzitutto in Parlamento, dove un pugno di deputati si sono impegnati pubblicamente per denunciare il carattere liberticida e contro la giustizia di questa legge. Li ringraziamo tutti, a cominciare dall’on. Pagano, e ci accorgiamo subito che sono stati pochissimi: Roccella, Binetti, Molteni. Forse qualche altro ha svolto un ruolo che non abbiamo ancora colto, forse ne dimentichiamo qualcuno e ce ne scusiamo, ma rimane l’amarezza di dover constatare che, di fronte a una legge di civiltà così significativa, siano pochissimi i rappresentanti della nazione a rendersene conto.
Questo atteggiamento non può non avere conseguenze, perché tocca un principio non negoziabile e nello specifico la libertà di poter dire pubblicamente che il matrimonio esiste soltanto quando si uniscono un uomo e una donna, che nonostante la pretesa dell’ideologia gender rimangono due persone naturalmente diverse e complementari.
Riporto un piccolo esempio, fra i tanti possibili, comunque indicativo. Pochi giorni fa mi telefona un amico per propormi la presentazione pubblica del Manifesto di Alleanza Cattolica nel suo paese, ma poi aggiunge: se la teniamo in settembre e se fosse già stata approvata la legge, che cosa rischierebbero gli organizzatori? Una preoccupazione fondata che chissà quante presentazioni pubbliche rischierà di fare annullare. Gli ho risposto che queste conferenze comunque andranno tenute, in vista soprattutto dell’altro progetto di legge che seguirà quello sull’omofobia, cioè la legge sul matrimonio gay, e che sapremo individuare i modi più prudenti e adatti.
Questo esempio serve però a mostrare il rischio pratico, oltre l’aspetto ideologico, di questa legge sull’omofobia, con i movimenti gay pronti a denunce che innescheranno persecuzioni legali, ovunque sarà loro possibile.
Il rapporto del mondo cattolico con il Pdl
Questa assenza di reazione politica e parlamentare non potrà non avere ripercussioni. Il rapporto del mondo cattolico con il Pdl si va ormai definitivamente logorando, intendendo per mondo cattolico quei milioni di elettori che hanno trovato in questo partito, nelle precedenti legislature, un argine alla deriva laicista. Ricordo per inciso che durante la manifestazione contro il riconoscimento del matrimonio gay – i cosiddetti Dico – fra il milione di persone in piazza a protestare si aggiravano Berlusconi, Fini e Casini, che certo sul piano personale non sono modelli esemplari dal punto di vista della famiglia, ma che avevano capito l’importanza di quella battaglia per il bene comune, che è lo scopo della politica. Su gli altri partiti presenti in Parlamento non vale nemmeno la pena di tentare un’analisi data la loro volontaria assenza nella battaglia sull’omofobia.
Stupisce anche l’assenza pubblica del mondo cattolico ufficiale in questa battaglia, quello rappresentato dalla Cei, dalle associazioni e movimenti importanti. Sembrano tacere, consapevoli della impossibilità di vincere una battaglia che ci vede in minoranza, nel Parlamento e nella società, ma così facendo sembra che non siano interessati a quanto sta accadendo e appaiono inermi di fronte al male che avanza. Fra la manifestazione contro i Dico, nel 2007, e oggi, sembrano passati sessant’anni, non sei soltanto.
Emergono invece reazioni forse ingenue e troppo cariche di entusiasmo ma importanti, sia contenutisticamente sia numericamente. Ci sono stati gli appelli della Nuova Bussola e di altre testate, e due manifestazioni davanti a Montecitorio, organizzate tramite il popolo della rete, con adesioni numericamente importanti. Il Manifesto di Alleanza Cattolica, pubblicato su diversi quotidiani, costituisce una base sicura per organizzare incontri e per tenere viva una battaglia che è anzitutto culturale.
Non dobbiamo illudere nessuno perché i numeri sono davanti agli occhi di tutti e sono difficilmente invertibili, almeno a breve. Ma, soprattutto, perché non dobbiamo mai dimenticare che la battaglia culturale per spiegare agli italiani che cosa ci stanno preparando con l’approvazione della legge sull’omofobia, ma anche oltre questa legge, continuerà anche dopo e non dovrà terminare.
Tuttavia, chi avendo una qualche autorità, se ne sarà rimasto zitto e sottocoperta, per pigrizia o per paura di perdere qualche privilegio, o per la convinzione che bisogna puntare solo sui compromessi senza annunciare tutta la verità, almeno fino a quando è possibile, dovrà cominciare (speriamo) a ricredersi di fronte ai disastri provocati da questi atteggiamenti.
Marco Invernizzi