C’è una bellezza cui solitamente non facciamo caso, non costruita da mani d’uomo, totalmente donata, gratis data, e in quanto tale ricorda anche alla nostra epoca, illusa di poter fabbricare” tutto, che in realtà ci muoviamo all’interno di un mondo “dato”, non fatto da noi. La “società artificiale” riesce a produrre molte cose, alcune utili, altre tragicamente dannose, ma nessuno di noi ha il potere di ingiallire una foglia, di trasformare l’acqua in neve, la neve in ghiaccio, e alla fine di riportare il sole.
Di solito ce ne accorgiamo solo per lamentarci di volta in volta del caldo o del freddo – invocando l’uno salvo poi non vedere l’ora che giunga l’altro. Ma se alzassimo lo sguardo, non semplicemente in senso fisico, piuttosto nel senso interiore del sursum corda – in alto i cuori – potremmo sorprenderci a contemplare un capolavoro che nessuno ha dipinto e che sempre si rinnova pur restando il medesimo. È la danza delle stagioni a ricordarci che in definitiva siamo creature nelle mani (paterne) di Qualcun altro.
“Non vi sono alberi pari agli alberi di quella terra;
in autunno le loro foglie non cadono,
bensì diventano d’oro”
J.R.R.Tolkien
Mentre scrivo le dita scorrono sulla tastiera appena infreddolite dalle prime ventate d’autunno. Ventate talora impetuose, che nella notte soffiano violentemente, si direbbe orgogliose di lanciare in torrenti d’acqua ogni direzione per spegnere quel sole che poche settimane fa era ancora infuocato. I panni umidi faticano ad asciugarsi, una piccola coperta a quadri mi guarda ben ripiegata dal divano, quasi a promettere un po’ di riparo dall’improvviso freddo che ci ha sorpreso in pochi giorni. Ma le più soddisfatte sembrano le pipe: troppo calorose d’estate, sembrano trovarsi a proprio agio in questa stagione, che ne riflette le tonalità marroni-rossastre della radica, il grigio del fumo, la fragranza del tabacco (aromatizzato, con buona pace dei puristi), quella ricerca di un calore che riscaldi il cuore – non tanto il calore di un termosifone quanto di un focolare. L’aria sembra invitare a starsene in casa in compagnia di un buon libro – da leggere, ma forse anche da scrivere – o al massimo ad uscire, ovviamente ben coperti, per condividere una cena fumante e una buona birra con buoni amici. Le montagne ansiose di imbiancarsi hanno già compiuto il primo esperimento, troppo precoce, spazzato via in poche ore dalla pallida rivincita di un sole troppo tardivo. Si tratta però di una rivincita effimera: ce ne accorgeremo col passare delle settimane, quando il verde cederà il posto al marrone, e questo all’oro delle foglie più preziose che prima di cadere e di morire vogliono darci un presagio di vittoria. L’autunno ci rammenta che tutto passa, tutto è destinato a invecchiare, a cadere e a morire, come le foglie. Tuttavia questa morte non è definitiva, come ci ricorda l’intreccio sponsale tra il ciclo delle stagioni e quello della liturgia: proprio in autunno si celebrano le commemorazioni dei defunti, mai disgiunte però dalla grande festa dei Santi. Qui sulla terra siamo destinati a invecchiare e morire, ma c’è una famiglia intera che ci aspetta in Cielo – a casa! – dove le foglie saranno sempre dorate e mai più cadranno. La fine è inesorabile, ma lo è ancor più la vittoria e proprio in autunno – la stagione della fine – inizia l’Avvento, che ci invita a guardare oltre “la grigia cortina di pioggia” in attesa del Vincitore:
“Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi” (Ap 1,18)
“Quando incomincia a mordere l’inverno
E nella notte gelida scricchiano i sassi,
Quando gli stagni son neri, e gli alberi tutti spogli,
E’ nefasto per le Terre Selvagge avviare i propri passi” (JRRT)
Prima di giungere alla risurrezione della primavera occorre però passare per la morte totale dell’inverno. Eppure anche qui non mancano segni di vittoria. I toni cambiano, dal grigio della pioggia al bianco della neve, un candore abbagliante come quello della trasfigurazione. Una bianca coltre sembra immobilizzare il mondo, invitandolo a fermarsi e tacere. Unico movimento ammesso è il silenzioso fumo dei camini che sale al cielo con la stessa soavità di una preghiera. L’attesa diviene sempre più intensa, man mano che l’aria si fa più pungente, e le mani sembrano quasi toccarla tangibilmente per poi ritrarsi congelate. I piccoli borghi sembrano tutti tramutati in presepi, che al calare delle tenebre accendono miriadi di piccole luci. Anche la liturgia ha cambiato registro, non si odono più le trombe che annunciano il Giudizio, né gli impetuosi richiami del Battista alla conversione: tutti gli sguardi sono ora rivolti a Betlemme in un silenzioso pellegrinaggio interiore. Anche i fiocchi di neve concorrono all’attesa e cadono soffici e soavi per non svegliare il Bambino… Dopo la pausa della nascita la natura potrà riprendere il suo corso e le sue forze, talora le sue turbolenze, ma niente paura: infatti Colui che è nato è in grado di dominare i venti e i mari. E soprattutto, a partire da gennaio, le giornate ricominceranno ad allungarsi perché Colui che è venuto al mondo è il Sole invitto, il Re dei Re, di fronte al quale impallidisce persino l’oro recato in dono dai Magi.
“Passato l’inverno ella tornò a ballare e col suo canto giunse la primavera” (JRRT)
Dal grigio al bianco, il cielo ritorna celeste: i toni cambiano ancora una volta e il mondo intero è una tavolozza di tinte pastello; le colline si tingono di tutti i toni del verde, ma preferibilmente di quelli più teneri e delicati, appena interrotti da cespugli e alberi ricoperti di fiori bianchi e rosa fino ad assumere essi stessi l’aspetto dei fiori. Pare che un pittore sia al lavoro per porre rimedio ai mesi precedenti e donare al creato una nuova giovinezza. Lavora con un pennellino minuscolo, per cesellare ogni minimo dettaglio, ogni fiore che germoglia, ogni foglia che rinasce. Il creato ritorna a danzare invitando gli animali a fuoriuscire dalle tane – e anche i figli di Adamo rimettono il naso fuori casa, riassaporando i colori, il tepore del sole primaverile, il profumo dell’erba, il canto degli uccelli. Il Re-Bambino è ormai divenuto un giovane Sposo e rassicura l’intera creazione: “Alzati, amica mia, mia bella e vieni presto! Perché ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, i fiori sono apparsi nei campi e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna..” (Ct 2,10). E’ una promessa nuziale, lo Sposo è pronto, ma per salvare la sposa deve attraversare la prova suprema: morire per lei. In primavera si svolge il dramma della morte e della Risurrezione, che la natura vuole anticipare col suo rinascere, quasi a donarci il presagio e la certezza che la promessa dello Sposo non è vana. L’invidia del nemico si è fatta sentire, con le ultime intemperie ha tentato di fermare la danza della nuova creazione, fino ad oscurare il sole stesso, fino ad uccidere il Re… Allora il freddo ha invaso di nuovo la terra che si apprestava a germogliare, non un semplice freddo esteriore, bensì la gelida sensazione che tutto fosse di nuovo finito. Ma all’alba del terzo giorno il sole è sorto più splendente di prima, i fiori sono esplosi in un mare di colori, gli uomini e gli animali hanno abbandonato ogni timore perché il nemico è sconfitto e il Re è risorto.
“Ed Aragorn, il Re Elessar, prese in moglie
Arwen Undómiel nella Città dei Re il giorno di Mezza Estate…” (JRRT)
La vittoria del sole ormai è al culmine, il grigio è sconfitto e il mondo stesso sembra emanare una luce dorata. Non solo i dorati campi di grano ma tutti gli elementi della natura sembrano abbagliare. I colori sono talmente puri e accesi che l’occhio umano non può fissarli, il rosso dei papaveri, il verde intenso degli alberi, l’azzurro del mare; persino i frutti sembrano più gustosi e i profumi più intensi. Al calar del sole non ci sono più tenebre bensì un blu illuminato su cui risaltano le stelle che splendono bianchissime invitando a guardare in alto nelle notti d’estate. I volti degli uomini sono ridenti e gli occhi delle donne diventano come stelle. La stessa aria estiva ha un profumo tutto speciale, che rinfranca l’anima facendole pregustare i primi passi nel paradiso. Dalla promessa alla certezza, dalla rinascita alla gloria: la creazione intera sembra preparare lo scenario e il corredo nuziale per Colei che assomma in sé tutta la bellezza, tutta la bontà, tutta la luce di cui può rivestirsi una creatura. E’ la Regina del Cielo e della Terra, la Regina delle Stelle, che viene incoronata nel cuore dell’estate. “Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1). Il Re ha vinto e ha associato, in Maria, l’intera creazione alla sua vittoria, e il sole irradia tutta la Sua gloria anticipando la luce futura. Torneranno il grigio, i venti e le tempeste, ma non dovremo temere più nulla poiché Colui che ha il potere di mutare il grigiore della pioggia nel candore della neve, può trasformare la sofferenza in amore e la morte in risurrezione.