Il 26 ottobre 1983 fu resa pubblica dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, allora diretta dal card. Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI, 2005-13), laDichiarazione sulla massoneria, che ribadiva il giudizio negativo espresso da sempre dalla Chiesa cattolica riguardo alla setta. La dichiarazione venne pubblicata con l’esplicito consenso del beato Giovanni Paolo II (1978-2005).
Il presente numero della rivista Cristianità fa memoria dell’importante Dichiarazione, assimilando gli spunti venuti dal recente convegno (19 ottobre 2013) promosso da Alleanza Cattolica in quel di Ferrara. All’inizio del suo intervento, il sociologo Massimo Introvigne ricorda anche l’analogo convegno avvenuto nel 1983: “Alleanza Cattolica ritiene di dover celebrare il trentennale di quel fondamentale documento tornando sul tema e ripubblicando, fra l’altro, i contributi al convegno di Foggia (…) del suo fondatore e responsabile nazionale Giovanni Cantoni, del’indimenticabile storico e socio fondatore Marco Tangheroni (1946-2004) e di mons. Josef Stimpfle (1916-96), vescovo di Augusta, in Germania, che ha avuto un ruolo centrale nella preparazione della Dichiarazione vaticana”. E’ quindi un numero monografico, che si presenta, come dice ancora Introvigne, quale valido sostituto di un volume “di quasi vent’anni fa, da tempo esaurito ed introvabile”, ovvero il suo Massoneria e religioni (Elledici 1994).
Il primo contributo è dello stesso Massimo Introvigne, sociologo delle religioni e direttore del CESNUR, “A trent’anni dalla Dichiarazione sulla massoneria”. L’intervento è tripartito: I Il problema delle origini della massoneria; II Una mappa; III Le origini del problema. Perché la massoneria “fa problema” per la Chiesa.
Riguardo alla prima sezione, “Possiamo distinguere fra un’origine sociologica e una storica (…) che si richiamano a vicenda”. La sociologia vede nascere la massoneria dall’esigenza di trovare un punto di raccordo tra culture e fedi diverse in seguito alla dissoluzione, in età moderna a causa del Protestantesimo, della Christianitas medievale. “Questo itinerario sociologico dimostra, paradossalmente, il bisogno di verità degli uomini e il disagio di vivere in un mondo di contraddizioni”, commenta l’autore. L’origine storica della massoneria affonda nelle logge dei muratori e degli architetti medievali, a cui si sovrapposero, tra XVII e XVIII secolo, leggende molto fantasiose (Noè, Salomone…), che però dicono molto del desiderio di risolvere le contraddizioni della religiosità moderna. La massoneria moderna, nata ufficialmente a Londra il 24 giugno 1717, è una massoneria di “accettati” e di “speculativi”, ovvero di persone senza più un legame con il concreto mestiere dell’architettura, attirate da interessi filosofici ed esoterici. La setta nasce in ambiente e nazioni protestanti, assumendo fin da subito un metodo relativistico ed un atteggiamento anticattolico. I “gradi” (fino a 33) nelle logge derivano dall’esportazione del sistema in Francia e Germania, dove l’aristocrazia non avrebbe mai accettato di fare parte di una congregazione dalle origini “plebee”. S’inventò così la leggenda che le logge medievali iniziassero ai loro misteri anche i nobili. La scansione in 33 gradi del Rito scozzese antico ed accettato fu inventata negli USA a Charleston nel 1801.
Fin dal Settecento si verificò nella massoneria una frizione tra “corrente calda”, mistica, e “corrente fredda”, razionalista. Questo influì sulla mappa delle logge, creando grandi differenze tra le obbedienze. Se le logge anglosassoni rimasero ancorate ai principi del 1723, in cui era necessaria la fede in un dio per essere ammessi, le obbedienze di Paesi come la Francia, l’Italia e la Spagna aderirono alla “corrente fredda” dell’Illuminismo, estremizzandone spesso i contenuti antireligiosi. Le organizzazioni paramassoniche comprendono organizzazioni in cui sono ammessi solo massoni ed altri organismi, che “non sono massonici, e mostrano che la massoneria è la species di un genus”, una specie di format esportabile ed imitabile “che si esprime anche in forme diverse”.
Cuore della massoneria, individua Introvigne, è il metodo massonico, un’assemblea che relativizza ogni posizione “forte”. Esso è inaccettabile per il cattolico in qualunque senso esso si declini, perché contrasta frontalmente con il fatto che, come dice Benedetto XVI, esistano valori “non negoziabili” fondati nella Fede e nella natura.
Marco Tangheroni in La leggenda templare massonica e la realtà storica ripercorre le vicende dei Templari per dimostrare che la presunta discendenza della massoneria da una continuazione nel segreto dell’ordine cavalleresco sia, appunto, leggendaria. Nella mitologia massonica i Templari fanno capolino, in realtà, solo alla fine del Settecento, contemporaneamente alla rivisitazione degli oppositori della monarchia francese da parte della Rivoluzione e dell’impero napoleonico. Tangheroni descrive con precisione le vicende del vero ordine templare, sorto a Gerusalemme nel 1118, approvato dai Papi e benedetto nel celebre De laude novae militiae (1130-36) da S. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), che vide in esso il tentativo di creare una figura di contemplativo in azione. I Templari proteggevano i pellegrini, i santuari della Terra Santa e collaboravano con la Reconquista in Spagna: ciò implicava un retroterra di attività logistiche che comportava certamente un dispendio finanziario, sul quale s’imbastì la calunnia della presunta avarizia dei cavalieri. Con la caduta di Acri nel 1291 decadde il prestigio militare dei Templari, tenuto alto, invece, dai Cavalieri di S. Giovanni, ovvero gli attuali Cavalieri di Malta, pertanto rimasero visibili solo i difetti dell’ordine. Il re di Francia Filippo IV il Bello (1285-1314) approfittò di un’inchiesta avviata da Papa Clemente V (1305-14) per ordinare una retata indiscriminata e senza precedenti ai danni dei Templari. Il resto d’Europa sulle prime rimase perplesso ed aderì al bando solo quando l’arrendevole Clemente V cercò di tamponare l’invadenza del re con la condanna ufficiale dell’ordine per mezzo del concilio di Vienne (1311).
Il reggente nazionale di AC, Giovanni Cantoni, analizza il magistero ecclesiastico sulla massoneria (La massoneria nei documenti del Magistero della Chiesa cattolica), partendo dal presupposto che la Dichiarazione del 1983 ha il merito di essere un documento esplicito. Condanne magisteriali del fenomeno massonico si sono avute fin dal 1738, quando Clemente XII (1730-40) prese posizione contro la setta nell’enciclica In eminenti apostolatus specula. In tutto sono 586, “sia diretti, che si sono tradotti in costituzioni, in encicliche, in bolle e così via, sia indiretti, cioè si sono realizzati tramite istanze della Santa Sede”. Un deposito che Cantoni periodizza e che ha come perno l’enciclica Humanum genus (1884) di Leone XIII (1878-1903), nella quale si trova l’analisi più precisa ed estesa della massoneria e si pone come caposaldo che “la lega massonica deve essere giudicata sulla base del complesso dei suoi principi” prima ancora che dagli effetti, devastanti per “la salute spirituale delle anime” (Clemente XII). In questo senso Cantoni afferma che Leone XIII faccia un discorso “sociologico”: dall’analisi della setta nei suoi riti e principi agli effetti sulla società. Sempre per questo motivo l’autore dubita che i due Codici di Diritto Canonico, del 1917 e del 1983, siano stati un dispositivo sufficiente a dare un quadro esatto del pericolo massonico. Il vecchio can. 2335 cadrebbe, infatti, nell’errore di presentare la massoneria come un monolite e di non specificare in cosa consista il suo “complottare contro la Chiesa”, mentre l’attuale can. 1374, sopprimendo il riferimento diretto alla setta, ha addirittura consolidato gli equivoci del Post-concilio, durante il quale massoni e teologi hanno creduto che la scomunica fosse stata abolita. In entrambi i casi è andato perso il portato sociologico di Leone XIII, ovvero l’attenzione alla dottrina massonica. Non si è capito, per usare espressioni sottolineate da Cantoni, che il problema sta nella “segretezza dell’opera” più ancora che nella “segretezza nell’opera”. L’emergere di questa ambiguità semantica è benedetta perché ha indotto la Congregazione per la Dottrina della Fede a stendere nel 1983 un documento chiaro ed inequivocabile, in cui si dice che la Chiesa e la massoneria sono inconciliabili sulla base di radicali divergenze dottrinali.
La parola passa ad un protagonista assoluto delle vicende narrate sopra: mons. Josef Stimpfle in persona, che narra la genesi ed i risultati del dialogo tra le logge tedesche e la conferenza episcopale all’origine del documento vaticano. Già prima della Seconda guerra mondiale ci furono abboccamenti tra massoni e prelati: il massone Albert Lantoine (1869-1949) scrisse il suo apprezzamento nei confronti della condanna del nazismo emessa da Pio XI (1922-39). Può risultare curioso che il primo tentativo di dialogo in terra germanica, subito dopo la guerra, abbia coinvolto quell’arcivescovo di Vienna Theodor Innitzer (1875-1955) che nel 1938 era stato rimproverato dal Vaticano per aver esultato di fronte all’annessione dell’Austria al Terzo Reich.
Nel corso di quegli anni i tentativi di dialogo si infittirono, fino a giungere alle soglie del Concilio Vaticano II (1962-65), prima del quale il Sinodo diocesano di Roma del 1960 ribadisce la condanna della massoneria secondo i criteri offerti dal richiamato can. 2335. Il 5 luglio 1970 vi fu la Dichiarazione di Lichtenau, in cui 9 massoni e 3 cattolici chiesero a Paolo VI (1963-78) di affrontare il problema se sia lecito avere una doppia appartenenza (alla loggia ed alla Chiesa). Nel 1974 in Germania si costituirono due commissioni, una cattolica ed una massonica, per aprire un tavolo che studiasse ufficialmente la questione. Il risultato fu la dichiarazione di inconciliabilità del 1980, rafforzata dalla Dichiarazione del 1983 che si sta celebrando. L’enciclica Veritatis splendor(1993) di Giovanni Paolo II critica l’antropocentrismo radicale e relativista proprio del metodo massonico: “Alcuni sono giunti a teorizzare una completa sovranità della ragion nell’ambito delle norme morali, che sarebbero cioè l’espressione di una legge che l’uomo autonomamente dà a se stesso, contro la Sacra Scrittura e la dottrina costante della Chiesa”.
Il numero di Cristianità si chiude riportando i testi integrali dell’enciclica In eminenti (1738), della Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina e la Fede (1983) ed il commento ad essa del 1985, emesso dal medesimo organismo.