Non facciamoci però traviare da tutti questi trabocchetti, Sposala e muori per lei è sicuramente un libro che parla alle donne ma per arrivare anche agli uomini, quindi cari maschietti non trovate una scusa per non leggerlo. Con uno stile ugualmente ironico, spigliato ed avvincente, la scrittrice continua a parlarci di matrimonio, di amore, di sacrifici, di croci, di santificazione e, se posso permettermi, in maniera ancora più matura e profonda. Sposala e muori per lei, perché è necessario morire a sé stessi tutti i giorni, mettere l’altro davanti ai nostri capricci quotidiani per dirigersi insieme verso la Meta, Cristo. Penso che si possa fare un paragone a Dante, che attraverso Beatrice e solo attraverso lei, può davvero guardare Dio, come in un triangolo meraviglioso che non può fare a meno di rimandarci all’amore trinitario. Sposarsi, vivere il quotidiano, il lavoro, la casa, i figli, i piatti, i pannolini, le notti in bianco, sono questi i gesti che ci proiettano (noi mogli ma anche mariti) verso il senso della nostra vita: la santificazione. Perché chi lo dice che per diventare santi bisogna per forza fondare una missione in Sudafrica? Se la nostra vocazione è quella del matrimonio, possiamo, dobbiamo santificarci proprio grazie e attraverso nostro marito, nostra moglie, i nostri bimbi. È la nostra croce e per questo dobbiamo abbracciarla, portarla, amarla. Non ci sono scorciatoie, mezze misure, ma solo una totalità di vita che dischiude un tesoro e una meraviglia che non può essere sprecata, nascosta o evitata. Solo vivendo la nostra vocazione a 360° possiamo dire di avere vissuto realizzando a pieno la nostra natura, “perché tutti muoiono, ma pochi vivono veramente”. La donna/moglie è colei che deve trovare il modo di sottomettersi, “mettersi sotto” dice la nostra scrittrice, non per essere schiacciata ma per sorreggere e l’uomo/marito non ha sicuramente un compito più facile, perché deve essere disposto a morire per colei a cui ha detto “sì” per tutta la vita. Ora non si tratta di vedere quale posizione ci piace di più, perché è qualcosa che abbiamo tatuato nel dna e non possiamo fare cambio, in primo luogo perché non ne saremmo capaci e in secondo luogo perché non appartiene al nostro essere, alla nostra natura qualcosa di diverso. Quanti disastri relazionali ed educativi quando la donna mette i pantaloni e l’uomo è così costretto ad infilare la gonna! Dietro all’ideologia della parità dei sessi si nasconde tutta la drammaticità che ha portato le nostre famiglie alla loro progressiva snaturazione, a discapito dei coniugi e soprattutto dei nostri figli, che poverini si trovano ogni giorno di più disorientati. Raccontatelo ai sociologi e ai pedagogisti il mito del buon selvaggio, perché a me non convince proprio: un bambino ha bisogno di una mamma che faccia la mamma e di un papà che faccia il papà (come lo scoprirete leggendo il libro), diversamente cresceranno generazioni sempre più confuse perché non hanno avuto nessuno che gli facesse vedere da che parte dirigersi. Genitori: diamola una bella bussola ai nostri figli e non pensiamo così di tarpare le ali, perché solo partendo da un nido sicuro e poi solo sapendo dove direzionarsi per spiccare il volo possiamo sperare con una ragionevole certezza che non si spalmino al primo vetro che non vedono.
Francesca Chiesura