La Corte Costituzionale ha bocciato il divieto al ricorso alla fecondazione artificiale eterologa. Per avere le motivazioni della sentenza, emessa il 9 aprile 2014, dovremo aspettare qualche settimana. Ma coloro che hanno attaccato la Legge 40 fin dalla sua approvazione stanno già esultando. Eppure la legge è stata approvata dalla maggioranza del Parlamento ed è stata confermata dal referendum del 2005, che ha registrato la più alta astensione mai avuta in Italia.
La legge 40 non è una legge cattolica, ma ha portato dei decisi miglioramenti rispetto alla situazione precedente: ha messo fine al far west procreatico, alla “provetta selvaggia”, ha cercato di tutelare l’embrione e il suo diritto a nascere e crescere con un padre e una madre certi. Ha vietato la fecondazione eterologa, la sperimentazione sugli embrioni, la selezione a scopo eugenetico, la clonazione.
Per ripercorrere quanto avvenuto 10 anni fa, e per avere chiarezza sugli aspetti etici, consiglio la lettura degli articoli di Chiara Mantovani (clicca qui) e Claudia Navarini (clicca qui) pubblicati sul sito di Alleanza Cattolica.
Ma proprio quei limiti e quei divieti non sono andati giù a coloro che vorrebbero invece vedere riconosciuta la libertà assoluta: dopo la cocente e inaspettata sconfitta del referendum del 2005 la strada percorsa è stata quella dello smantellamento della Legge 40 a colpi di sentenze della magistratura. La sentenza della Corte Costituzionale è l’ultima di una lunga serie, certamente la più grave. (Per un quadro delle sentenze emesse fino ad oggi leggete l’articolo di Giancarlo Cerrelli (clicca qui).
La volontà del legislatore e quella del popolo italiano sono state calpestate: i desideri di alcune coppie prevalgono sui diritti del bambino e sul rispetto del principio di certezza delle relazioni familiari.
La sentenza della Corte Costituzionale arriva all’indomani di un’altra sentenza-choc: una coppia milanese è stata assolta dall’accusa di alterazione di stato civile, che gli veniva contestata per aver ottenuto la trascrizione in Italia dell’atto di nascita di un bimbo che era nato in India attraverso la pratica dell’utero in affitto. Il giudice che li ha assolti ha affermato nella sentenza che il diritto di famiglia «è stato investito dalla dissociazione fra il dato naturale della procreazione e la contrattualizzazione delle forme di procreazione, quest’ultimo fenomeno variamente normato dai sistemi giuridici nazionali». Di fronte a questo stato di cose, spiega il giudice, «la stessa definizione della maternità è ormai controversa e le possibilità offerte dalla scienza in questa materia sono talmente vaste da aver messo il diritto con le spalle al muro nella penosa scelta di tutelare il minore e di non privarlo dei suoi genitori tecnologici».
Si diventa padri e madri per contratto, non più seguendo le leggi della natura. E se si diventa padri e madri per contratto, per acquisto di gameti, allora nulla potrà più impedire alle coppie dello stesso sesso di diventare a loro volta genitori.
Susanna Manzin