Una ribellione nata dall’arresto di una band rock, folli corse su una vecchia Saab per sfuggire dalla polizia di regime, un pic nic segreto sulle montagne dove radunarsi e incontrarsi, pattuglie intere di poliziotti con l’unico scopo di vigilare ossessivamente giorno e notte le case dei possibili “dissidenti”; e poi il carcere che diventa luogo di incontro, dove nella stessa sezione si sarebbero ritrovati il futuro vescovo, il futuro presidente, un ministro degli esteri e un senatore. E’ il trailer di uno dei prossimi film d’azione con Tom Cruise? No, sono alcuni degli episodi che contraddistinguono l’incredibile esperienza dell’associazione dissidente Charta 77 (dal nome del documento redatto nel 1977), la più importante iniziativa del dissenso nella Cecoslovacchia oppressa sotto il potere del’URSS comunista.
Protagonista assoluto di questa battaglia culturale è Vaclav Havel, uno dei leader del dissenso centroeuropeo (attivo in Charta 77 e VONS ossia il comitato degli ingiustamente perseguitati), drammaturgo e autore di testi teatrali e di opere di riflessione politico-filosofica. Per questo suo decisivo impegno politico e culturale Vaclav dovette subire prima una vigilanza ossessiva descritta da lui stesso con amarezza in una lettera:
“Mi trovo nel mio appartamento, sono un uomo libero e contemporaneamente in isolamento, e mi sento triste. Non tanto per l’isolamento, ma mi spiace per tutto quello che può succedere in questo paese che amo, e che non intendo abbandonare”
e successivamente dovette scontare 5 anni di carcere. Venne scarcerato in quanto diventato personaggi scomodo:
“Evidentemente erano arrivati alla conclusione che io rappresentavo là dentro una difficoltà politica maggiore che se fossi stato libero […] Mentre in silenzio stiravo le mie mille lenzuola e insieme tessevo le mie riflessioni heideggeriane, varie università straniere mi laureavano honoris causa e vari uomini di stato mi coinvolgevano nei colloqui con i nostri rappresentanti, cosa che sicuramente a loro non piaceva.” (citazione da “interrogatorio a distanza”).
Il testo che racchiude l’essenza del suo pensiero è senza dubbio “Il potere dei senza potere”, scritto nel 1978. Una riflessione, piena, profonda e vera che oppone alla vita nella menzogna dell’ideologia la vita nella verità (dalle sue dure parole: “Ideologia menzognera e ipocrita che esercita un’ipnosi sul singolo, inducendolo ad abdicare alla propria ragione, alla propria coscienza e alla propria responsabilità”).
Una visione politica che riparte dall’uomo, non più considerato mero meccanismo di un sistema assoluto e ideologico, ma l’uomo vero con la totalità delle sue esperienze, delle sue debolezze ma anche con i suoi innegabili valori morali e il suo afflato religioso. Una concezione che riparta “dall’uomo, dall’esistenza dell’uomo, dalla sostanziale ricostituzione della sua posizione nel mondo, del suo rapporto con se stesso, con gli altri, con l’universo”.
Una politica dell’uomo per l’uomo. E’ da qui che deve partire la restaurazione politica, non da un ideologia, un utopico piano a cui l’uomo debba adattarsi, bensì dalla vita reale dell’uomo. Solo un “io” capace di apportare un cambiamento esistenziale e morale a partire da sé stesso può portare ad un sistema migliore, un “io” non rassegnato alla menzogna può diventare attore della trasformazione della storia di un paese e dell’intera Europa. Proprio da Havel ripartirà la ricostruzione politica ma soprattutto culturale della Cecoslovacchia, che sceglierà nel 1989 lui come presidente della Repubblica appena formata a seguito di una ribellione nata dalla violenta oppressione di una manifestazione studentesca.
Leggere Havel oggi ci permette e ci dà modo di riflettere sulla natura politica dello stato moderno, che egli non esita a definire “un incrocio spersonalizzato di rapporti funzionali e di poteri”. Ciò che infatti accomuna i totalitarismi dei decenni scorsi e lo stato moderno è “l’elusione dell’uomo”.
Havel da grande valore ad un “io” che sembra condannato annientamento e all’irrilevanza. Per lui, infatti, ognuno è corresponsabile del funzionamento del sistema e ognuno possiede un coscienza individuale, fattore decisivo per il cambiamento:
“tutti coloro che vivono nella menzogna, ad ogni momento possono essere folgorati dalla forza della verità” poiché “l’uomo non è solo un prodotto del mondo esterno”.
Questa folgorazione può nascere anche da un gesto molto semplice, come il paradigmatico ortolano che toglie il cartello “proletari del mondo unitevi”, un piccolo, apparentemente insignificante gesto, ma capace di infrangere il mondo di menzogna e apparenza.
Come dice Marta Cartabia, autrice della prefazione al testo nell’edizione Itaca, L’ortolano potrebbe essere ciascuno di noi quando la nostra coscienza è ridestata in tutte le sue attese di verità, bellezza e giustizia.
Invece mi importa,
convinto che la mia esistenza
abbia increspato la superficie dell’Essere
che, dopo la mia piccola onda,
così limitata, insignificante e fugace,
sarà diversa da prima
e per principio rimarrà diverso per sempre.
Vaclav HavelDiario, 5 dicembre 2005
Davide La Rosa