Pubblichiamo l’intervento di Marco Invernizzi al convegno promosso e organizzato dal Gruppo Consiliare Lega Nord del Comune di Milano, in collaborazione con Comitato Difendere i Nostri Figli e Alleanza Cattolica, il 26 settembre 2015 presso Palazzo Marino.
Poche ore fa, parlando al Congresso americano, Papa Francesco ha ricordato che oggi la famiglia è minacciata come forse mai, dall’interno e dall’esterno, perché sono state messe in discussioni le relazioni fondamentali che la costituiscono «il fondamento della società», come recita il titolo del nostro convegno.
Ma chi ha messo in discussione «la base stessa del matrimonio e della famiglia»?
Con questa relazione cercherò di offrirvi brevi spunti di riflessione sul fatto che esiste un problema enorme nel mondo occidentale odierno, che si riassume sostanzialmente nel fatto che una ideologia mette in discussione l’identità sessuale originaria della persona come dato fondamentale della sua personalità.
Questa ideologia ha assunto il nome di ideologia gender e gioca sul tentativo semantico di sostituire la parola sesso, con il suo richiamo biologico, con quello di genere, con invece il suo richiamo culturale, affermando che non è importante con quale identità sessuale si nasce, ma è molto più rilevante quale orientamento sessuale si desideri assumere nel corso della vita.
Cercherò così di tracciare alcuni elementi di storia di questa ideologia, non senza una premessa.
Sono consapevole della grave crisi identitaria che attraversa il mondo occidentale contemporaneo, una crisi che investe la cultura nazionale e locale, che è entrata nella scuola colpendo soprattutto le nuove generazioni, in particolare negli ultimi decenni, dopo il 1989, quando sono entrate in crisi le ideologie che avevano tentato di sostituire il senso comune di un popolo radicato nelle radici cristiane, dando vita così alla lunga e sanguinosa “guerra civile europea“, dal 1917 al 1989.
In questa situazione, i giovani crescono smarriti e confusi, segnati da una profonda crisi di identità che negli ultimi anni ha investito la stessa identità sessuale. Così, almeno, mi spiegano gli esperti di educazione sessuale. Questi giovani smarriti e confusi hanno bisogno soprattutto di un accompagnamento spirituale e psicologico, di un’amicizia schietta e competente, che li aiuti a capire e a superare la loro incertezza identitaria, a tutti i livelli.
Ma questi giovani hanno anche bisogno della verità. E la verità consiste anzitutto nel ricordare loro che l’ideologia che ha messo in discussione l’esistenza di un progetto originario e naturale di sviluppo e progresso dell’umanità, fondato sull’alleanza fra un uomo e una donna (che Papa Francesco ha chiamato il nodo d’oro nell’ultima catechesi del ciclo di udienze dedicato alla famiglia del 16 settembre 2015), questa ideologia esiste, ha un nome e una storia, e viene sponsorizzata nelle nostre società occidentali attraverso mezzi ingenti e grandi sostegni mediatici, come ha ricordato sempre il Papa.
Ci sono parole, nomi, situazioni che sono costretto soltanto a citare, senza poter spiegare che cosa rappresentano effettivamente, ma forse ci bastano per farci risvegliare e stare in guardia, per farci preoccupare di quanto viene insegnato ai nostri figli, a scuola anzitutto, ma non soltanto.
John Money, per esempio. Importante e famoso sessuologo, è uno dei padri della moderna ideologia gender. La vicenda che lo ha reso celebre comincia in Canada negli Anni cinquanta del secolo scorso e riguarda un ragazzo che viene cresciuto come una ragazza. Nato come Bruce, viene trasformato dai medici in Brenda con 17 interventi chirurgici, per poi ritornare al sesso originario con il nome di David. Doveva essere il primo e decisivo esperimento per dimostrare che l’educazione può smentire la natura biologica, che il desiderio può trasformare o almeno prescindere dalla realtà. Sarà invece il primo e più drammatico segno che l’ideologia gender è una violenza pazzesca contro i bambini anzitutto. Oggi questa storia drammatica è raccontata in un libro tradotto in italiano, scritto dal giornalista canadese John Colapinto, col titolo di Bruce, Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza,(San Paolo, 2014), e rappresenta una delle più preziose testimonianze della inattendibilità e della violenza racchiusa nell’ideologia di cui stiamo parlando.
La storia della penetrazione di questa ideologia è poi stata raccontata in un altro bel libro, scritto da una donna che segue queste vicende politiche e culturali dal 1994 e si chiama Marguerite Peeters (Il gender. Una questione politica e culturale, San Paolo 2014).
L’ideologia gender si è avvalsa dei movimenti nati con la rivoluzione culturale del 1968, in particolare il femminismo e il movimento gay, e è cresciuta con loro. Così, l’idea della irrilevanza del dato sessuale naturale si è ampiamente diffusa e con essa anche l’idea che ogni desiderio deve essere appagato e legalizzato, a prescindere dalla sua conformità alla legge iscritta nella natura dell’uomo.
Ma è partire dal 1994 che questa ideologia comincia a diventare un’agenda da proporre e in un certo senso imporre ai governi. In quell’anno si svolge a Il Cairo una delle tante conferenze internazionali organizzate dall’ONU, sul tema Popolazione sviluppo. L’idea fissa di quell’assemblea è di garantire il diritto all’aborto a tutte le donne, gratuito e assistito. Per ottenere questo scopo attraverso un lavorio diplomatico sui rappresentanti di tutte le delegazioni dei governi del mondo che partecipano a questi incontri vengono attivate delle vere e proprie “forze speciali”, composte soprattutto da donne, che esercitano una vera forma di pressione diplomatica per raggiungere lo scopo, appunto, di “sdoganare” l’aborto facendo diventare l’omicidio un diritto.
Queste stesse “forze speciali” si ripresentano soltanto un anno dopo a Pechino, a una nuova Conferenza internazionale dell’ONU, questa volta dedicata al tema della donna. Il tema è finalmente il gender, la nuova parola che viene misteriosamente sostituita a sesso, senza che, inizialmente, nessuno capisca il significato e la portata dell’iniziativa. Giocando sull’ambiguità del termine, sostenendo che sesso e genere significano la stessa cosa, si chiede di scrivere sempre gender invece di sesso nei documenti ufficiali. Così si sarebbe progressivamente ottenuto lo scopo di fare passare l’idea che quel che conta non è il sesso originario, ma il genere culturale, cioè l’orientamento sessuale scelto e praticato. E di conseguenza, se non conta il sesso originario, maschile o femminile soltanto, di generi ve ne possono essere molti e sicuramente, almeno, i famosi cinque: maschile, femminile,omosessuale, bisessuale, transessuale, tutti equiparabili fra loro pena l’accusa di discriminazione per chi sostenesse che in natura vi sono soltanto due realtà, evidenti e non modificabili.
Tuttavia, sia a Il Cairo che a Pechino, non erano presenti solo donne comunque decise a sostenere e fare penetrare l’idea gender ai diversi livelli politici e amministrativi. Vi erano rappresentate anche persone prolife e profamily, che facevano parte della delegazione della Santa Sede, per esempio, o di altri paesi africani e sudamericani, attivisti e attiviste non disposti ad accettare i diktat dei loro colleghi organizzati nelle diverse ong o delegazioni governative.
Questi uomini e soprattutto queste donne, fra cui Dale O’Leary, autrice di una importante testimonianza su ciò che accadde in quei giorni (Maschi o femmine? La guerra del genere, Rubbettino 2006), e l’ambasciatrice Mary Ann Glendon, responsabile della delegazione della Santa Sede, hanno opposto una resistenza organizzata che ha permesso ai documenti ufficiali di essere pubblicati con le indicazioni scritte delle riserve da parte della Santa Sede e di diversi Stati del mondo.
Queste persone ebbero il merito di dare vita a strutture sempre più organizzate di movimenti prolife e profamily, che poi continueranno a operare nei rispettivi Paesi. Esse presero sul serio gli appelli accorati (e soprattutto i documenti magisteriali) di san Giovanni Paolo II che, oltre ai documenti classici del suo Magistero dedicati appunto a questi temi, scrisse delle lettere pubbliche a tutti i capi di Stato e di governo del tempo, e ai segretari generali responsabili dell’organizzazione delle Conferenze dell’Onu, per denunciare sia la giustificazione dell’aborto, sia l‘introduzione dell’agenda gender.
Gli interventi del Pontefice non riuscirono naturalmente a fermare lo tsunami dell’ideologia gender, che aveva l’appoggio di grandi forze economiche e finanziarie, dell’Onu, dell‘amministrazione Clinton, della UE, e di tanti poteri forti, ma obbligò il progetto di egemonia ideologica a venire allo scoperto, suscitando così un po’ di reazioni preoccupate e significative.
Queste preoccupazioni sono arrivate fino ai giorni nostri, e sono presenti in questo convegno.
Sono preoccupazioni per i figli e per i nipoti del nostro Paese che dovranno affrontare una sfida culturale e identitaria drammatica e impegnativa, ma sono anche preoccupazioni politiche, in senso lato, per il futuro di una nazione colpita da un suicidio demografico gravissimo e dai tanti attacchi, per citare ancora Papa Francesco, che la famiglia subisce, all’interno e dall’esterno.
Marco Invenizzi